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scheda di Bongiovanni, B., L'Indice 1997, n. 2
C'era una volta l'Utopia. In essa, secondo Pellicani e Settembrini, si sarebbe racchiusa la volontà di convertire l'uomo e di redimerlo dai suoi peccati. E così, volendo costruire un Uomo astratto, si è finito con il tagliare la testa agli uomini concreti. Nel nostro secolo questa tendenza si sarebbe realizzata nelle forme più efferate. Sotto accusa, per Pellicani, che ripercorre temi a lui cari, sono gli intellettuali che si sono costituiti in casta e sono divenuti, soprattutto a partire dall'esperimento giacobino, i nuovi fanatici dell'Apocalisse.Trovatisi orfani di Dio, scomparso dai cieli, hanno cercato di riprodurlo in terra. Nient'altro che il "regno di Dio senza Dio" sono infatti stati il boscevismo, il nazismo e i vari fondamentalismi totalitari di un secolo piagato dalla Gnosi rivoluzionaria e dalla contro-Gnosi reazionaria. Non si è del resto preso laicamente atto della fine degli assoluti e il mondo è rimasto impigliato nel processo della secolarizzazione che ha compensato l'eclisse della trascendenza religiosa nell'immanenza umana, troppo umana, dell'Utopia al potere.Prima di estinguersi, Dio si è allora preso la sua vendetta. Che fare, ora che il secolo dell'Utopia pare tramontato? Che ne è del socialismo, dopo il naufragio della parabola bolscevica? È forse finito anche il secolo della socialdemocrazia, come ha indicato sin dal 1989 Dahrendorf? No, sostiene Settembrini, purché ci si liberi dall'ossessione del fine ultimo, purché si diventi cioè compiutamente atei e materialisti, liberando l'anima riformistica della socialdemocrazia dalla superstizione anarco-palingenetica. Sarà proprio così?
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