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Aczel è un bravissimo divulgatore scientifico, la sua specialità è la matematica. Riesce sempre a coinvolgere il lettore nelle sue ricerche personali senza mai rendere troppo pesante i contenuti. Terminare ogni suo libro dispiace sempre, soprattutto se si pensa che questo è proprio l'ultimo dei suoi libri. Tuttavia nei lavori di Aczel emerge a volte un po' di ingenuità nella metodologia affrontata per argomenti che non siano puramente matematici come quelli di carattere storico e archeologico. In particolare in questo libro non rende minimamente giustizia all'Università di Palermo che attraverso il progetto Tr.In.A.C.R.I.A. (Training International Action for Conservation and Restoration of Iconographic Assets), finalizzato al recupero, la conservazione e la valorizzazione del sito archeologico di Angkor, ha voluto salvaguardare il manufatto tanto cercato dal nostro matematico. Anzi, nelle sue paranoie, Aczel ha dimostrato di non conoscere minimamente il grande contributo dell'Italia nell'azione di conservazione e valorizzazione attraverso la sua grande storia in materia di restauro, finendo così per mostrare una totale mancanza di umiltà e un forte senso di superiorità come se "Solo NOI AMERICANI possiamo salvare la storia e l'archeologia". D'altra parte loro hanno come idolo INDIANA JONES, che come tutti i VERI ARCHEOLOGI sanno non si faceva scrupoli a distruggere un intero tempio per salvare un piccolo altro manufatto, ma nei FILM la totale mancanza di metodo è ammessa... quello è cinema. Se Aczel avesse concluso il suo libro con un mea culpa lo avrei apprezzato molto di più. Infatti nessuno gli ha rubato la paternità di una (ri)scoperta peraltro del tutto fatta privatamente senza il patrocinio di alcun ente istituzionale o accademico. Tanta paranoia da lui proprio non me l'aspettavo.
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