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Anno edizione: 2021
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Libro alquanto presuntuoso e noioso. Trama assente, così come le emozioni trasmesse al lettore
Non ha trama definita. Perchè? Perchè non è un romanzo! Non ha tesi precostituite perchè non è neppure un saggio. E' scritto bene, in senso letterale e metaforico. Suscita invidia e ripulsa in alcuni lettori, ammirazione in altri. Che sia la garanzia di avere uno scrittore autentico?
Ho trovato ottimi spunti di riflessione, mi sono annoiata, ma ho anche riso e provato tenerezza per l'autore, il suo mondo e per gina. Sono convinta che ogni libro, ogni racconto scritto (da chiunque, ovunque, di qualsiasi genere) meriti d'essere pubblicato.
Recensioni
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"Qui giacciono i miei cani / gli inutili miei cani, / stupidi ed impudichi, / novi sempre et antichi, / fedeli et infedeli / all'Ozio lor signore, / non a me uom da nulla. / Rosicchiano sotterra / nel buio senza fine / rodon gli ossi i lor ossi, / non cessano di rodere i lor ossi / vuotati di medulla / ed io potrei farne / la fistola di Pan / come di sette canne / i' potrei senza cera e senza lino / farne il flauto di Pan / se Pan è il tutto e / se la morte è il tutto. / Ogni uomo nella culla / succia e sbava il suo dito / ogni uomo seppellito / è il cane del suo nulla." Questa poesia è stata appuntata da D'Annunzio negli ultimi tempi della sua vita sulla pagina bianca di un libro, e pensata come epitaffio per un cimitero dei suoi cani che si sarebbe dovuto realizzare al Vittoriale. Ritrovata molti anni dopo tra le carte di D'Annunzio, viene citata da Trevi in apertura del suo libro, oltre a ispirarne il titolo. Aver fatto conoscere ai lettori questa poesia poco nota è un merito del libro di Trevi, uno dei cui fili conduttori è certamente una sorta di commento a questi versi di D'Annunzio, che offrono anche lo spunto per interpretare il senso degli atti e dei comportamenti di Gina, il cane un po' disturbato dell'autore, che campeggia sulla copertina del libro.
Le stranezze di Gina dipendono di una sorta di senso di colpa metafisico che domina la sua vita, portando con sé una costante sensazione di pericolo e la paura perenne di una punizione. Oltre a questo Gina sembra essere un cane sensitivo, che percepisce strane presenze inquietanti (nel senso per cui secondo Rudolf Otto l'inquietante è una delle manifestazioni del numinoso). Trevi arzigogola parecchio intorno ai comportamenti di Gina, e finisce per trovare un'interpretazione traendo spunto da un dipinto paleolitico in cui compaiono un animale (identificato con un cane simile a Gina) e uno stregone, che diventano i simboli di due diversi tipi umani, o di due modi contrapposti di affrontare la vita (tutta questa parte suona forse un po' forzata al lettore). Ma l'animalità di Gina serve all'autore anche come contraltare alle proprie incertezze umane di intellettuale, che non riesce a trovare un senso nelle vicende che giorno per giorno si affastellano a formare una vita. Sicuramente più vicina a Gina è la moglie dell'autore, Martina, che completa il trio intorno a cui si sviluppano I cani del nulla.
Definire questo libro è un'impresa palesemente disperata. In parte narrazione di episodi quotidiani, in parte dichiarazione d'amore per moglie e cane, in parte divagazione sui temi più disparati (spesso interessanti, ma talvolta irritanti per la loro pretenziosità), il tutto nell'apparente mancanza di una struttura ordinatrice. Ancora una volta è forse la poesia di D'Annunzio a offrire una chiave di accesso, per quanto paradossale. Da una parte, infatti, si ha il tentativo di fornire brandelli di autobiografia, raccontati in molti casi con una sincerità che sfiora l'impudicizia (da D'Annunzio, e dagli antichi greci, attribuita ai cani). Dall'altra, tutta l'operazione viene condotta all'ombra tutelare del più mendace, talvolta pagliaccesco, e istrionico fino alla sgradevolezza dei poeti italiani, che tuttavia - almeno in alcuni momenti - sembra aver colto delle verità importanti. È con disappunto e quasi con rabbia che lo stesso Trevi concede questi riconoscimenti a D'Annunzio, che per molti aspetti non gli è certo simpatico. Non è del tutto chiaro quale significato possa avere questa contraddizione, ma appare come uno degli spunti più interessanti del libro, e merita forse qualche riflessione.
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