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Le canzoni dell'aglio
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Le canzoni dell'aglio - Mo Yan - copertina
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canzoni dell'aglio

Descrizione


Nella provincia dello Shandong, in un luogo di fantasia chiamato ironicamente Tiantang, ossia Paradiso, i contadini si ribellano, prendono d'assalto la sede del distretto, irrompono negli uffici, lanciano dalla finestra i vasi di fiori e l'acquario che abbelliscono l'arredamento del capo, danno fuoco ai documenti, alle tende, ai mobili. L'esasperazione che li ha scatenati nasce dall'indifferenza e dagli abusi dei dirigenti del Partito che, dopo averli spinti a coltivare esclusivamente aglio a scapito di altre colture tradizionali, si mostrano poi incapaci di acquistarlo e, soprattutto, di trovare una soluzione per uscire dalla crisi che sia "dalla parte del popolo"; anzi, riattivano vecchi comportamenti di sfruttamento feudale. L'aglio che marcisce invenduto sotto i cocenti raggi del sole esala un tanfo di putrefazione che avvolge tutto il romanzo, come una grande metafora. Alla vicenda politica (realmente accaduta), si accompagna quella privata dell'infelice amore fra Gao Ma e Jinju, che è stata promessa in sposa a un uomo anziano e malato per permettere a suo fratello maggiore, che è zoppo, di trovare a sua volta una moglie. Gao Ma si ribella a questa usanza e non avendo ottenuto il sostegno delle autorità preposte a far rispettare la legge, che proibisce i matrimoni combinati, fugge insieme a Jinju per rifarsi una vita in un'altra provincia. A fare da cornice alla narrazione sono le canzoni del cieco Zhang Kou, il cantastorie locale...
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Dettagli

2014
18 novembre 2014
361 p., Rilegato
9788806218546

Valutazioni e recensioni

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patrizia b.
Recensioni: 4/5

Sono la prima? Non l'ha letto nessuno? E' sconvolgente, come altri libri che ho letto che parlano delle regioni più povere della Cina, ed è ancora più sconvolgente perché si svolge alla fine del secolo scorso, sia per la parte "romanzo", così ancora ancorata alle vecchie usanze, sia per la parte "storia veramente accaduta". E se qualcuno pensa che qui in Italia siamo un Paese di corrotti.... Mi è piaciuto e ne consiglio la lettura, non sempre facile, soprattutto all'inizio, ed anche a causa dei continui salti temporali.

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Voce della critica

  Nel distretto di Tiantang, nome inventato che in cinese significa "Paradiso", si leva la voce di un cantore cieco, Zhang Kou, accompagnata dal violino. I suoi versi incorniciano la narrazione, ambientata nel 1987, di vicende private segnate dalla storia. Cantano la tragedia sorta tra le coltivazioni dell'aglio, in un paesaggio la cui bellezza stride con la distruzione e con il dolore sopraggiunto per coloro che lo abitano: "L'aglio di Tiantang è lungo e croccante / per saltare il fegato e friggere il montone / non servono né cipolla né zenzero / piantare e vendere l'aglio assicura ricchezza / vestiti nuovi, abitazione nuova, moglie". L'ironia tragica del cantore introduce il fulcro della storia: la principale risorsa alimentare e commerciale della regione si ritorce contro i suoi coltivatori; il paradiso si trasforma in inferno. Siamo nel decennio successivo alla morte di Mao, al tempo delle riforme di Deng Xiaoping, in una fase di intense contraddizioni politiche ed economiche, due anni prima di Tienanmen. Nel contesto di cui si tratta, il raccolto annuale dell'aglio è stato abbondante, ma rischia di andare perduto perché i funzionari del distretto, burocrati e corrotti, ne hanno bloccato la vendita e ora ignorano le proteste dei contadini per il crollo dei prezzi e per l'aumento delle tasse. La rivolta che segue sarà sedata con la forza. Mo Yan – pseudonimo che rimanda al silenzio ("non parlare"), premio Nobel 2012 e autore di altri romanzi di grande portata storica e umana come Sorgo rosso (Einaudi 1997), Il supplizio del legno del sandalo (Einaudi 2005) e Le rane (Einaudi 2013) – elabora questo episodio realmente accaduto nella regione dello Shandong concentrandosi sulle vicende di due personaggi. Il romanzo si apre con l'arresto di Gao Yang, un contadino che ha partecipato agli scontri, ma che ignora quale altra grave colpa abbia commesso. Sorpreso nella sua casa dove vive con la moglie, una figlia cieca e un neonato, è sottoposto a violenze gratuite e reiterate, mentre fuori l'aglio "raccolto e non ancora intrecciato è stato ammassato in cumuli disordinati, e sotto al sole cocente manda zaffate putride". Una volta incarcerato, diventa un numero e passa il tempo accanto ad assassini e a condannati a morte che mangiano pidocchi. Il suo corpo subisce ogni sorta di tortura, ma questo non gli impedisce di pensare e di ricordare il passato. Per lui, come per gli altri personaggi, il ricordo della vita felice (di quei dieci anni di prosperità che ciascuno riceve in sorte, in cui "i demoni non osano avvicinarsi") si è trasformato in una serie di visioni e di incubi. La storia di Gao Yang si intreccia con quella di un altro personaggio del villaggio, Gao Ma, di cui si racconta il tentativo di fuggire all'arresto attraverso le campagne. Nell'alternarsi dei capitoli, la narrazione passa dal presente all'anno prima, quando ha inizio l'amore di Gao Ma per una ragazza del villaggio, Jinju. Benché si tratti di un fatto privato, la vicenda assume le stesse caratteristiche di quella politica. Ne condivide la sottomissione al male pur nell'estrema resistenza ad esso, come a significare che è impossibile per l'uomo sfuggire alla violenza della storia e della società in cui vive, quando è il destino a deciderlo e quando è in gioco la determinazione e l'irrazionalità dei potenti. La famiglia di Jinju ha destinato la figlia a un altro uomo, per un patto matrimoniale che ignora i sentimenti di tutti. Gao Ma non si rassegna: prima la chiede in sposa e poi fugge con lei, ma i suoi tentativi finiscono sempre per scontrarsi con l'ira dei fratelli che si abbatte ferocissima contro di lui. In questa lotta impari dell'uomo contro il male è coinvolto l'universo intero, con la natura, gli animali. Nel paesaggio succede sempre qualcosa, e lo scrittore ce lo fa vedere in maniera estremamente vivida e forte, spesso stridente. Quando Gao Ma e Jinju sono sorpresi dai fratelli della ragazza, e l'uomo cade a terra sotto i calci di entrambi, vediamo i campi di peperoncino di Cangma formare "una distesa rossa. Rossa come il sangue", e "migliaia di fiamme" danzare "vivaci sotto il sole cocente"; e vediamo "un puledro baio (…) in fondo al campo" che all'improvviso si mette a saltare "agitando la coda contento", per poi ripartire al galoppo calpestando le fiamme che illuminano i suoi zoccoli e li fanno "scintillare come gemme preziose". Altrettanto stridente è, a volte, il rapporto tra mente e corpo all'interno del personaggio: ci sono momenti in cui il dolore fisico è così intenso ed estremo da diventare estraneo a chi lo prova e persino comico. In alcuni casi la scrittura abbandona il realismo per seguire il sogno e l'allucinazione. Come quando Jinju parla con il bambino che porta nel grembo: "Fammi uscire! Porca miseria, lasciami uscire!", grida il feto; "Un tempo ero anche io come te, volevo uscire per vedere il mondo", gli risponde la madre, "ma una volta fuori ho mangiato cibo per le bestie, ho lavorato come le bestie, ho ricevuto calci e pugni, i tuoi nonni mi hanno persino appesa a una trave e mi hanno frustata. Figlio mio, davvero vuoi uscire?". "Mamma vorrei uscire comunque per dare un'occhiata, vedo una palla di fuoco che gira (…)Voglio vedere il sole! (…) I campi sono pieni di fiori, ne sento il profumo!". I fatti raccontati in questo romanzo, in cui volutamente si confondono vero e falso per scongiurare ogni interpretazione univoca, riportano al crollo di un'utopia legata alle trasformazioni del socialismo, ma soprattutto all'abuso dei suoi principi da parte degli uomini corrotti: "Nella vecchia società i funzionari si proteggevano e il popolo subiva / Nella nuova società dovrebbe regnare la giustizia", canta il cieco Zhang Kou. "Il decimo anno della Repubblica, il 1921, / giovani dal sangue caldo sono apparsi / a Tiantang sventolando la bandiera rossa…". Dalla fondazione del Partito comunista cinese al periodo della contraddittoria glasnost negli anni ottanta, le storie di ogni uomo non hanno mai smesso di somigliarsi.     Chiara Lombardi

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Conosci l'autore

Mo Yan

1955, Gaomi (Cina)

Pseudonimo dello scrittore cinese Guan Moye, Premio Nobel per la Letteratura nel 2012.Mo Yan significa, «colui che non vuole parlare» ed è una sorta di risposta scherzosa alla nonna che lo zittiva sempre.Fondatore del movimento letterario «Ricerca delle radici», è considerato il più rilevante scrittore cinese contemporaneo. Dalla sua scrittura evocativa e potente emerge l’anima senza tempo della grande civiltà cinese, impregnata di poesia, di violenza, di sentimenti primigeni.Mo Yan, originario di Gaomi nella provincia dello Shandong, nasce da una famiglia numerosa di contadini poveri e, dopo aver terminato i cinque anni delle scuole elementari, smette di studiare. In principio porta al pascolo mucche e pecore e i suoi rapporti con...

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