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Anno edizione: 2010
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Tra gli autori della Parigi fin de siècle, Pierre Lou s, nato a Gand nel 1870, resta in Italia uno dei meno conosciuti. Eppure, non solo ha segnato profondamente la sua epoca, imponendole più di ogni altro la cifra dell'erotismo decadente, ma la sua Concha Perez, protagonista di La Femme et le Pantin, è stata portata sullo schermo per tutto il Novecento da attrici come Marlène Dietrich (Sternberg, 1935) Brigitte Bardot (Duvivier, 1959) fino a Carole Bouquet e Angela Molina (Quell'oscuro oggetto del desiderio di Luis Buñuel, 1977).
Figlio quasi certamente del fratellastro di Henri de Régnier, quindi amante della moglie di quest'ultimo, di cui pure era cognato, Lou s aveva tutte le carte in regola per intendersi altrettanto bene di torbidi amori e di poesia, e seppe infatti declinare con sapienza l'urgere del desiderio e il corpo della donna, nella prospettiva mitica della "femme fatale", ossia della mantide insaziabile che porta a consunzione le sue vittime. Tale era del resto a quanto pare la stessa Marie, moglie di Régnier, poetessa sotto il nome di Gérard d'Houville, sopravvissuta fino al 1963 alla lunga teoria dei suoi amanti, tra cui Gabriele D'Annunzio. Una delle prime raccolte poetiche di Lou s non a caso è dedicata ad Astarté, antica divinità cui si deve il rito ierogamico di uccidere il marito dopo le nozze, già protagonista di quadri di Dante Gabriele Rossetti e poi del frontespizio di Ishtar di Péladan, dove Khnopff la mostra nell'atto di estroflessione della vagina, a stringere in un abbraccio mortale la testa dello sposo.
Su questo gusto decadente Lou s innesta le sue sterminate conoscenze ellenistiche, suggerite da una moda e da una passione che il romanticismo aveva faticato a tacitare e che la metà del secolo trova rinvigorite. In lui la descrizione del mondo greco non è tuttavia messa al servizio di una rappresentazione preziosa e gelida come già nei testi parnassiani di Banville, Leconte de Lisle o dello stesso Heredia: l'ekfrasi viene sciolta in colori sensuali, in profumi voluttuosi, in corpi umidi e morbidi, cosparsi di unguenti, percorsi da fremiti imperiosi e languidi. Il mondo ellenico diventa così la più felice manifestazione dell'estetismo decadente, dove le pulsioni di amore e morte si sovrappongono come la tortura e l'orgasmo. Dopo la traduzione dei Dialoghi delle cortigiane di Luciano e gli Epigrammi di Meleagro, nel 1895 Lou s presenta, indicandole come tradotte dal greco dall'autore, le Chansons de Bilitis, dove Bilitis è una giovane donna delusa dall'egoismo e dalla crudeltà maschili, che diventa seguace di Saffo. Eva Cantarella, che non solo traduce Lou s nel presente volume, ma che è anche docente di diritto greco, sottolinea nell'introduzione la perfezione del falso, ricordando che soltanto Wilamowitz protestò sulla base di una personale interpretazione psicologica: una vera lesbica non può scrivere vere poesie, mentre Saffo scriveva vere poesie perché si fermava a un certo livello della pratica omoerotica
In realtà l'intima adesione e ricreazione di un'epoca si coniuga nelle Chansons de Bilitis con una ricerca poetica d'avanguardia, in una delle più fortunate espressioni ritmiche della fine secolo: "Voglio fare della poesia essenzialmente musicale scrive Lou s vale a dire del Ritmo e non della Rima". Proprio tali osservazioni sembrano autorizzare la scelta di una libertà traduttiva. La prosa ritmica e sonora, divisa in strofe, di Lou s viene risolta in audaci versi liberi che ripropongono la stessa operazione del testo originale, complicata da un'ulteriore "mise en abyme": vale a dire l'allusione all'antico mondo greco attraverso l'immaginario della sensibilità decadente tradotta nelle forme della poesia contemporanea. L'effetto è quello di un testo poetico nuovo, autonomo, con un timbro personale che va ben al di là dell'impegno traduttivo. Eva Cantarella privilegia frasi brevi, ellittiche, che procedono per piccoli tocchi, in contrasto con la tendenza paratattica dell'originale, suggerendo una generale freschezza. A questa freschezza ritmica corrisponde una proporzionale riduzione della tensione erotica: si veda ad esempio la prima strofa del primo componimento, L'Arbre: "Je me suis dévêtue pour monter à un arbre ; mes cuisses nues embrassaient l'écorce lisse et humide; mes sandales marchaient sur les branches", scrive Lou s. "Via gli abiti, sull'albero. / Le cosce nude sulla scorza umida, liscia, / sandali per salire su fra i rami", propone Cantarella. Mentre Lou s concede più spazio al gesto di spogliarsi e alla pressione delle cosce contro l'albero, la traduttrice offre una rapida successione di immagini, e scelte analoghe compie nel resto dell'opera. Così la Bilitis italiana sembra possedere un corpo più giovane e veloce, appena sbocciato, ma ancora acerbo: frutto di una sensibilità diversa, meno figlia del decadentismo.
Ida Merello
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