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I. Forino in “L’architettura cronache e storia”, n. 592, feb. 2005 (estratto). La “Fo¬toteca Carlo Scarpa” raccoglie la documenta¬zione fotografica dell’opera del maestro, ora ampliata dalla campagna di ri¬lievo di Gianantonio Battistella e Vá¬clav Šedý. Il volume, primo esempio di quel lavoro, ha per protagonisti 27 fotografi, testimo¬ni dell’architettura del veneziano. D’altra parte il libro è una traccia a sé stante di una “pratica intellettuale” (Zannier) in cui pre¬valgono il pensiero conosci¬tivo promosso dal medium ottico, la ricerca comunicativa del singolo autore, la lettura critica del manufatto. Proprio questa va sottolineata nel suo inter¬polarsi fra figura¬zione documentaria e creazione arti¬stica. La fotografia si configura come strumento che propone letture non meno affascinanti da quelle del giudizio storiografico. Alla consultazione delle fonti archivistiche, alla visita dell’opera, al confronto con il panorama sto¬rico-artistico internazionale, all’interpretazione dei dati dello studioso si af¬fianca la visione del foto¬grafo di architettura. La sua è critica baudelairiana: arbitraria, soggettiva, appassio¬nata che talora urta i progettisti timorosi del travisamento della propria idea, certo mossi dalla consapevolezza che “l’occhio è più rapido ad afferrare che non la mano a disegnare” (Benja¬min). Ma il fotografo non è artista stimolato dagli elementi o flâneur che assorbe le sol¬lecitazioni del mondo esterno. Deve compiere lo sforzo del ragionamento e dell’ordine, poi valutare e adot¬tare una congrua quanto variabile sintassi comunicativa. È in questa tensione, a volte affan¬nosa altre più distesa o immediata, che la fotografia è vera pratica intellettuale: non solo obbliga a vedere “il mondo con oc¬chi completamente diversi” (Moholy-Nagy) ma dispositivo che, partendo dalla contemplazione dell’architettura, le riconosce nuovi significati. Con una ri¬sorsa inaspettata rispetto alla ricerca sto¬rica: una fotografia è una fotografia è una fotografia è una fotografia direbbe la Stein.
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