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Ennesimo gioiellino della collana Sorbonne edito da Clichy. Carmelo Bene. Il Teatro del nulla a cura di Fabrizio Parrini ci fa fare un viaggio nel mondo istrionico della vita di Carmelo Bene (attore, regista, drammaturgo, scrittore, filosofo e poeta) di cui avevo sempre sentito parlare mai mai letto nulla. Se non lo conoscete vi consiglio questo breve viaggio in compagnia di Carmelo, per poi magari approfondire nella sua vasta quanto sconfinata produzione. «Per Bene il cinema deve essere inaccettabile, incomprensibile come il grande teatro che non è mai documento, logos, inchiesta. […] Carmelo Bene ricorre all’inglese, allo spagnolo, al bretone, al provenzale, al salentino della sua infanzia, al toscano senza però nessun intento virtuosistico e men che mai filologico. Sono lingue che vengono dall’aver vissuto, dall’aver attraversato tanti paesi e innumerevoli deserti, da clandestini, da incontentabili ribelli. Bisogna servirsi di tutte le lingue quindi per giocarsele in un colpo solo e poi spedirle all’inferno. Lui vuole solo scrivere la voce, quello che c’è al di là del concetto, insomma dar vita all’immediato che non è possibile. In questo non esserci è tutta la sua ricerca di questo libro che è contro l’affanno del parlare. Inutile questo dire di tutti i giorni come far l’amore, che è solo, come lo chiama più volte, “amor facchino”. Questo poema è orgasmo senza desiderio, consacrato alla fine del desiderio. Insomma una poesia che si manifesta in tutta la sua inorganica quiete.
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