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Riconoscere storie comune in pezzetti di vita, ricordare il dramma della povertà, il sogno americano spesso disilluso, le lotte per cercare un posto superando le ingiustizie del mondo. Una narrazione che procede seguendo il cuore, la passione e soprattutto approfonditi studi di documentazione che Verdile restituisce ai lettori come saga familiare. Fine Ottocento, in quel Molise terra ultima tra le ultime, in un mondo ancora oppresso dal potere delle classi più ricche e da una nobiltà chiusa nella sue egemonia, inizia la memoria della sua famiglia di origine Ed è storia locale che diventa nazionale e poi internazionale per le tante citazioni ad eventi, scoperte, tentativi di apertura a una modernità che avrebbe poi toalmente cambiato la vita di tutti. La storia vera frutto di una ricerca capillare di una famiglia molisana, di un borgo Macchiagodena a tanti sconosciuto, arriva fino agli inizi del Novecento, quando la vita ormai non ha fatto sconti a nessuno e per molti quel sogno di riscatto si è interrotto prima del tempo. E’ ricerca storica, quindi ma anche sociale, oltre a mettere in luce i problemi legati all’atavica povertà, dà anche tanto spazio alla condizione femminile del tempo che parla di sottomissione delle donne, di abusi sui loro corpi, di impossibilità di difendersi anche a parole con la bella eccezione di Umberto, innamorato di Concetta, antesignano di uomo che ha rispetto per le donne, quel rispetto ancora oggi , spesso, disatteso. E’ intensa e dolorosa la scrittura di Nadia Verdile, affonda come lama nella “carne viva” di chi scrive, ma anche dei lettori coinvolti emotivamente per le storie narrate, patrimonio comune a tante famiglie di quel sud bistrattato che ancora paga lo scotto di scelte politiche del passato e per il linguaggio e che procede sul doppio binario della narrazione in italiano e nel dialetto molisano.
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