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Anno edizione: 2025
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Cronaca di una malattia, struggente resa dei conti, Cartella clinica è una storia vivida, ricca di particolari anche divertenti. È una lunga lettera d'amore alla sorella perduta.
«Tornava dalle cure più calma, distesa; mamma cuciva per lei abiti nuovi, la portava dal parrucchiere, la incoraggiava a suonare. Non durava molto. E ad ogni ritorno la vedevo cambiata. Gli stessi lineamenti, ma come appiattiti, e i bellissimi occhi dilatati, senza luce.»
«Nessun compiacimento, mala nuda cronaca che ci ricorda che anche questo è accaduto e che nessun diritto è per sempre, purtroppo.» - Loredana Lipperini, Espresso
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Si puo' con un libro restituire dignita', corpo, luce, vita a chi della vita stessa fu privata in cosi' giovane eta'? E' questo libro un omaggio alla sorella Rossana oppure, piu' in generale, un ammirevole e sobrio esercizio di memoria per richiamare al proscenio un mondo rispetto al quale quello odierno non ha piu' i connotati ? Comunque sia, Serena Vitale dimostra di sapere che in questi esercizi non si può indugiare troppo, la misura è difficile a pena di restare sterilmente paralizzati. L'autrice conosce questa misura e si ferma dove si deve; troppo dolore libero circola nell' intorno di ogni vicenda; la polvere va smorzata, l'aria cambiata; o si concepisce l'Ulisse, come Joyce, oppure serve economia, sfrondare, ridurre all'essenziale. Mirabile esempio di come si deve scrivere, queto libro in apparenza senza pretese, privato, risuona invece nelle stanze interne; produce un'eco, rimane. Anche in memoria di Rossama, certo, ma in generale è come guardare le luci posteriori di un treno che è passato e che si è inoltrato nella notte.
“Il corpo piagato di Rossana venne riportato nel suo letto in corsia. Sembrava dormire. Le carezze la svegliarono. «Ti odio», disse in un bisbiglio a mia madre.” Serena Vitale, “Cartella clinica” (Sellerio, 120 pp.) Cartella clinica di Serena Vitale si legge come si entra in una stanza chiusa da troppo tempo: si spinge la porta piano, e ci si guarda intorno. C’è un letto di contenzione, le fasce. E ci sono le parole: referti, diagnosi, appunti scritti da mani frettolose. È tutto vero, eppure è tutto lontano. Rossana è la sorella perduta dell’autrice: bella, talentuosa, studentessa di pianoforte al conservatorio Tito Schipa. Amata, ammirata. Un giorno si guarda allo specchio e dice: ho gli occhi storti, sono brutta. Poco dopo viene ricoverata. Le parole della clinica sostituiscono tutto il resto: coprolalia, raptus, elettroshock, comportamento infantile. Ogni parola è una sentenza. Rossana non è solo un ricordo privato: è il volto vulnerabile dei fragili, dei diversi, di chi è stato rinchiuso e spogliato di tutto. Cartella clinica racconta ciò che sono stati i manicomi prima della legge Basaglia. E la tortura che si chiamava “cura”. Vitale interroga i ricordi, trova un vecchio amico, prova a capire. Ma non c’è risposta. “La schizofrenia non è un’influenza. È un’altra cosa.” Intanto il corpo di Rossana dopo l’elettroschock viene legato a un letto . Quando la madre le accarezza il viso, lei apre gli occhi e sussurra: «Ti odio». È tutto lì. L’amore. Il dolore. La colpa. Il bisogno di essere salvati, e il rancore per non essere stati salvati. Cartella clinica è un libro breve, ma enorme. Senza fronzoli, senza consolazione. Quando finisce, non finisce. Perché Rossana non si smette di pensarla.
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