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In 8, pp. 53 + (3b). D. rifatto. Br. ed. Saggio relativo alla necessita' di una riforma delle case di custodia minorili. Secondo l'A., a un minore che si da' al furto e ad altri reati non si possono imputare colpe, dal momento che egli e' vittima della societa', e in primo luogo della propria famiglia: 'e allora l'uomo onorato e ricco di avito censo o di guadagnata posizione, l'uomo dalle continue speranze e dai possibili sogni dorati, perche' non pensa qualche volta a questi miseri reietti della Societa'? Perche' quel ritenerli in tanto spregio, quasi colpevoli di un lotume fin dalla nascita su lor gettato?'. L'A. risponde a quanti sostengono che per i minori con problemi esistono gli appositi istituti: 'siete certi che corrispondano allo scopo della Istituzione, o meglio al bisogno di quei disgraziati? Sono carceri o luoghi di educazione? Si ammaestra la mente ed il braccio o semplicemente si punisce?'. Le Case Governative di Custodia, infatti, 'sono generalmente una piaga anziche' un rimedio'. Piu' che degli educatori, in questi istituti, operano le guardie carcerarie il cui compito non e' certamente quello di fare intravedere ai minori un'alternativa allo stile di vita che hanno da sempre condotto. I riformatori, sorti da poco in Italia, invece, 'non sono piu' luoghi esclusivi di pena, bensi' ogni sforzo hanno rivolto a cancellare quasi ogni idea di forzata dimora, si' da parere quali un rigoroso e ben disciplinato Collegio di Arti e Mestieri, o di Agricoltura'. L'A. cita in particolare gli esempi virtuosi della Casa degli Artigianelli di Torino, la Colonia Agricola di Moncucco Torinese, poi trasferitasi a Rivoli, e il Riformatorio di Boscomarengo. Questa serie di vedute rappresentano sicuramente una evoluzione rispetto ai precedenti modelli delle Case di educazione correzionale e degli ergastoli, nei quali costituivano asse centrale del sistema di rieducazione, la segregazione e la disciplina. L?A., evidentemente illuminato dagli influssi della scienza criminol
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