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Libro che mi viene suggerito da un libraio di Recco. Non è il mio genere ma mi lascio convincere. L’inizio è volutamente confuso e spiazzante. Caratteristica che, purtroppo, si registra sempre più frequentemente. Altra scontata caratteristica e’ data dall’introduzione di un personaggio estraneo alla trama principale che compie una serie di azioni inconsulte e prive di significato, in sé e rispetto all’economia della narrazione. I protagonisti avrebbero anche un loro perché, tuttavia è la narrazione che lascia completamente delusi. Non c’è nessuna coerenza, nessuno sviluppo plausibile. Il riferimento all’arte giapponese è una trovata pseudo intellettuale che stona con le mani callose del protagonista. Il finale è stato scritto come farebbe uno studente che ha mal calcolato i tempi del suo lavoro: incomprensibile e abborracciato. Non si capisce chi e soprattutto perché sia stato l’autore di una serie di omicidi. Al lettore non rimane un senso di mistero ma solo la perplessa meraviglia di un disastro narrativo. Un’ultima cosa: che le indagini grafologiche abbiano ad oggetto, per ben due volte, la calligrafia, non si può proprio leggere. Mi sarei astenuto dal commentare se non avessi letto del premio assegnato e del commento favorevole di un notissimo scrittore.
Irritante, sia per la costruzione delle frasi che per i vocaboli usati. Dopo 30 pagine l'ho lasciato. Basta. Altro che Simenon o Camilleri.
Mi incuriosiva e l'ho acquistato, non avevo letto nulla di Davide Longo. Un giallo o un thriller non lo so, molto confusionario e con una trama per niente chiara, non l'ho capito. La scrittura non sempre fluida non aiuta certo a capire.
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