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Che i social media fossero diventati uno straordinario mezzo comunicativo era sotto gli occhi di tutti e che avessero sostanzialmente modificato l’identità stessa della comunicazione politica è un dato consolidato. Ma, l’esame che ne viene fatto da Emilio Pintaldi, che mi onoro di conoscere da trent’anni, mette in luce, anche attraverso l’analisi del “caso De Luca”, una serie di sfaccettature sulle quali sarebbe interessante aprire un dibattito. “Catemoto” evidenzia infatti i risvolti legati all’aspetto populista dell’utilizzo della tecnica della propaganda e della persuasione. Un elemento, questo, che non è difficile trovare in molte delle pagine social di “post politici”: un rapporto più diretto con il pubblico, ma la totale assenza di mediazione critica e confronto e soprattutto, la tendenza a creare vere e proprie “tifoserie” che identificano amici e nemici. Un approfondimento di estremo interesse e una piacevole lettura che peraltro può rappresentare, in particolare per chi, come il sottoscritto, deve rapportarsi giornalmente con le realtà social, uno spunto di riflessione sulla comprensione della “comunicazione politica 3.0”.
"Catemoto De Luca" è il racconto della crisi del giornalismo al tempo dei social network. Dal momento in cui si rompe la catena cronologica annuncio-evento-racconto, dal momento in cui il racconto è contemporaneo all'evento e se lo gestisce chi l'evento stesso lo agisce il giornalista non sa più cosa ci sta a fare. Una categoria ormai in gran parte precaria e flessibile perde identità e viene travolta dallo tsunami comunicativo di Facebook, Instagram, Telegram ... Sì dirà che i giornalisti bravi sopravviveranno anche a questo. Ed è vero. Ma qui in questione non è la perizia dei pochi, ma lo smarrimento dei tanti. Emilio Pintaldi dovrà scrivere un secondo libro per dirci se il giornalismo sopravviverà ai social reinventandosi oltre questi o se perirà definitivamente nel tentativo di inseguirli. "Catemoto De Luca" è la narrazione di un altro sindaco icona. Uno di quelli consapevoli, però. Uno di quelli che hanno compreso il fatto. Cateno de Luca non ha ostacoli nel quadro politico messinese perchè, nonostante il suo essere fondamentalmente un democristiano, è il più moderno di tutti. Si è inventato il suo Grande Fratello personale e permette a chiunque voglia farlo di stargli accanto nella sua quotidianità. Come Salvini e Di Maio? Certo. Lui lo fa in salsa messinese, paesana a volte. Ma attenzione a trattarlo con snobismo, come fa la sinistra. Quello è solo il lessico che gli consente ad arrivare ai molti. Nei fatti De Luca riesce a modulare tradizione e liberalismo come pochi. De Luca ha semplicemente scelto il luogo attraverso cui comunicare e da lì inventa la sua verità. Emilio Pintaldi si rivela ancora una volta un furbo cronista. Come fa nella gestione di Malalingua utilizza una voce per farne emergere un'altra. Emilio Pintaldi parla del giornalismo per raccontarci De Luca e racconta De Luca per parlarci della crisi del giornalismo. Non fidatevi mai totalmente di lui. È un giornalista. Quelli bravi sono così.
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