Compositore. Fu il musicista preferito di casa Medici dal 1598, anno in cui partecipò, con un intermedio da lui composto e cantato, alle feste in occasione delle nozze tra Ferdinando i e Cristina di Lorena. Fece parte della cosiddetta Camerata fiorentina; condivise quindi con V. Galilei, G. Bardi, I. Corsi, O. Rinuccini, E. De' Cavalieri, G. Caccini e altri la problematica del «recitar cantando» e di una rappresentazione scenica interamente cantata, quale si credeva fosse stata l'antica tragedia greca. Il primo frutto di questa ricerca collettiva (a parte gli esperimenti di canto monodico di Galilei e Bardi andati perduti) fu la «favola pastorale» Dafne: Rinuccini ne scrisse il libretto e P. ne compose la musica, tranne le ultime due scene, che vennero musicate da Corsi. I pochi brani rimastici sono a struttura strofica (una stessa melodia per le varie stanze della scena) e in uno stile spesso vicino a quello della canzonetta. La «favola», molto breve, fu composta tra il 1594 e il 1595; rappresentata durante il carnevale del 1598, venne ripresa con varie aggiunte negli anni seguenti, fino al 1604. In occasione delle nozze di Maria de' Medici con Enrico iv di Francia, nel 1600, fu rappresentata a Palazzo Pitti la prima opera in musica a noi nota nella sua interezza, Euridice, ancora su testo di Rinuccini; Caccini vi collaborò con alcune arie proprie (e compose subito dopo una propria Euridice), ma l'onere musicale complessivo fu sostenuto da P. La pubblicazione della Euridice di Caccini e di quella di P. determinò una polemica tra i due rivali sulle priorità nella «invenzione» del «recitar cantando» (polemica nella quale intervenne anche De' Cavalieri). Certo nell'Euridice di P. è presente un'attenzione al fatto drammatico-espressivo maggiore che in quella di Caccini (il quale è più incline a soluzioni di tipo lirico o virtuosistico): un attento esame di questa musica rivela infondato il vecchio giudizio limitativo, che la considerava applicazione di un astratto principio teorico (quello appunto del «recitar cantando»), e ce la mostra viva, con momenti di intensità, aderente al testo senza rigidezze schematiche; la melodia varia secondo ragioni espressive, ricorrendo a una specie di concitato nei momenti più drammatici, e l'ornamentazione vocalistica risponde a un intimo lirismo. Nel 1608 P. scrisse i recitativi (andati perduti) per l'Arianna di C. Monteverdi, e negli anni seguenti contribuì con arie e recitativi alle opere di M. da Gagliano; compose anche numerosi pezzi per le feste di corte (balli, intermedi ecc.) e pubblicò la raccolta Le varie musiche (1609).