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Anno edizione: 2018
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Davvero un classico romanzo romantico di inizio Ottocento. Una trama poggiata tutta sull'amore contrastato tra Fabrizio e Clelia e non sapremo bene come andrà a finire se non nell'ultimo capitolo. Sinceramente l'unica cosa che non mi è piaciuta sono i ritmi del libro, mi spiego meglio: in alcuni punti (vedi i primi capitoli) la storia fatica a svilupparsi, vengono raccontati episodi che poco hanno a che vedere coi protagonisti. Alla fine il ritmo accelera a dismisura e si arriva al passaggio di anni senza neppure farci caso. A mio avviso era meglio mantenere sempre il solito ritmo anche perché sennò sembra che lo scrittore avesse fretta nel concludere l'opera e abbia tirato via. Resta un bellissimo romanzo del suo tempo, romantico, angosciante e travagliato, dove i protagonisti soffrono molto più di quello che gioiscono.
Assistere 'in diretta' alla disfatta di Waterloo, anche se di sghimbescio dalle retrovie in compagnia di un improbabile ussaro - improvvisato e sgangherato che, fra un falso nome e l'altro, risponde al secolo a quello di Fabrizio del Dongo - non è cosa di tutti i giorni, soprattutto con questo spirito: - "Ma sarà stata davvero una battaglia, quella alla quale ho assistito?". E, in secondo luogo: "Ma era sul serio la battaglia di Waterloo?". - Certo, il livello di consapevolezza non era granché, e per un amaro scherzo del destino (una discreta sbornia), si è persino perso il fugace passaggio a cavallo del grande Imperatore che se la batteva (la qual cosa lo ha irritato non poco trattandosi del suo idolo), ma il tutto è servito a rendere simpatiche le peripezie di questo goffo e impacciato idealista Brancaleone, agevolandone senz'altro la lettura. Poi tutto, rapido scorre e si trasforma; diventa la rappresentazione della vita di una piccola corte italiana dell'Ottocento, dei suoi intrighi e lì ristagna nell'ardua impresa di far innamorare il bel Fabrizio dal cuore arido di sentimento e refrattario all'amore profondo e duraturo. Non è un capolavoro né di forma né di stile: lo ammise Standhal stesso; è colmo di difetti consapevolmente tralasciati dall'autore per dare e mantenere l'effetto di passionale spontaneità da lui voluto, piaccia o non piaccia. Io qualcosa ci ho trovato, ma non lascerà un gran segno.
superbo in alcuni punti ma Stendhal a mio avviso non ha il "genioassoluto" del grandissimo. Non può essere costante, e l'opera ne risente nel suo complesso.
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