Chanda ha sedici anni, una sorellina Iris che va all'asilo e un fratellino Soly che bagna il letto tutte le notti; un patrigno sempre ubriaco e malato di Aids, un padre e i fratelli finiti al cimitero, sepolti da una frana della miniera; ha una violenza subita nell'infanzia da dimenticare e il professore Selalame che le vuole bene e l'appoggia nel sogno di diplomarsi e iscriversi all'università e poi che altro? Una vicina di casa, la signora Tafa, che la protegge e la tiranneggia, una famiglia del padre che la rifiuta, come altrettanto fanno i nonni materni che disprezzano la figlia perché ha sempre bisogno di un uomo che la mantenga. Poi ci sono i ricordi dei pascoli di Tiro e una modesta casa di pietra e fango a Bonang, un'amica, Esther, che si prostituisce per necessità e viene ridotta in fin di vita in seguito a uno stupro collettivo. E infine Chanda, soprattutto, ha la sua mamma che lei adora e da cui è adorata. Su tutto aleggia lo spettro e il dramma dell'Aids che nei paesi africani sub-sahariani miete migliaia di vittime. Una malattia che disonora, che la povertà, insieme all'ignoranza e al pregiudizio, aiuta a diffondere. Ciò rende difficile il lavoro di assistenza volontaria perché sono in pochi a sottoporsi al test e troppi i sieropositivi che non ricevono cure adeguate. Soltanto il coraggio di ragazze come Chanda, che non abbandona la madre e neppure l'amica Esther, può aprire le porte ai segreti celati in ogni casa di ogni villaggio africano e coltivare la speranza che il male sia, prima o poi, debellato. Meritorio il libro, appassionante e commovente la storia, scandita dai fatti e dal continuo interrogarsi di Chanda, che si fa guidare dal cuore piuttosto che dalla paura. Un buon monito per i nostri giovani perché non abbassino la guardia e si aprano a una battaglia che riguarda l'umanità intera. Sofia Gallo
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