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Il cielo stellato di Ruggero II. Il soffitto ligneo della Cattedrale di Cefalù - Maria Giulia Aurigemma - copertina
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Il cielo stellato di Ruggero II. Il soffitto ligneo della Cattedrale di Cefalù - Maria Giulia Aurigemma - copertina

Descrizione


Il re normanno Ruggero II tra 1131 e 1154 fece costruire la cattedrale di Cefalù come proprio mausoleo: il soffitto ligneo dipinto, parte integrante del monumento ruggeriano, è esemplare della particolare cultura figurativa, unica e irripetibile, che si venne a creare nel corso del suo regno. In questo volume vengono per la prima volta pubblicate integralmente le pitture del soffitto, confrontabili con le coeve pitture della cappella palatina di Palermo. Il libro prende avvio con una documentata e imprescindibile analisi delle questioni critiche relative al monumento, al contesto storico-artistico mediterraneo e alla tecnica. Ai capitoli centrali e all'atlante finale è invece affidata l'analisi delle componenti iconografiche, frutto della fantasia degli artisti del XII secolo e l'individuazione delle diverse mani che, pur appartenendo alla stessa bottega reale e lavorando insieme, mostrano peculiari differenze e spiccate scelte creative.

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Dettagli

2004
3 giugno 2004
272 p., ill.
9788882154332

Voce della critica

Durante la sua attività presso la Soprintendenza locale, coincidente con il restauro del soffitto dipinto della cattedrale di Cefalù, Maria Giulia Aurigemma è stata stimolata da una visione ravvicinata delle tavole dipinte a uno loro studio approfondito, presentato in anteprima a un recente convegno a Roma nel quale Ernst Grube aveva illustrato le nuove indagini sul soffitto della Cappella Palatina di Palermo, che come Cefalù sorse per volere di re Ruggero II, che aveva voluto erigere la cattedrale quale ex voto per essere scampato al naufragio nel 1130. In questo e negli altri edifici a lui legati l'autrice riconosce il più autentico prodotto culturale della sua epoca, sebbene la compresenza di temi o di mezzi decorativi di origine culturale diversa abbia disorientato a lungo. Ci si è chiesti se tali commistioni fossero casuali oppure intenzionali. Giuseppe Di Marzo, un erudito chierico della Real Cappella Palatina di Palermo, affermava che gli arabi, "non isdegnando d'introdurre le loro bizzarre decorazioni nelle chiese sicule normanne, constituirono un terzo elemento di questa architettura", oltre quello "greco" e quello "normanno" (Delle Belle arti in Sicilia dai Normanni sino alla fine del secolo XIV, vol. I, pp. 132-33, Palermo 1858). Recenti studi dimostrano che il desiderio di novità sembra essere stato ispiratore dell'estetica del potere di Ruggero II, il quale avrebbe voluto trasmettere attraverso il complesso programma decorativo di Cefalù un ambizioso concetto di regalità, in aperta rivalità con l'imperatore di Bisanzio.

Insolito era certamente per il panorama dell'architettura religiosa occidentale l'idea di un soffitto decorato con temi profani; insolito era l'uso del cedro, legno profumato e resistente, la cui resina ha permesso la formazione di uno strato protettivo alle pitture; insolito pure per un manufatto posto a grande distanza da terra l'uso di pigmenti preziosi come l'oro e il blu lapislazzuli, dei quali poteva essere provvista soltanto una "bottega reale". Invece soffitti simili, come si legge in testi dei secoli XI-XII, erano diffusi e ammirati nel mondo islamico, dove era viva una forte tradizione di intaglio artistico del cedro. In particolare, il soffitto di Cefalù mostra affinità con esempi dell'Egitto fatimida, sia per il materiale che per i soggetti rappresentati. Del resto Ruggero II aveva stretti rapporti commerciali e diplomatici con i califfi fatimidi, per cui è naturale supporre che sia il legno sia gli artigiani capaci di lavorarlo e dipingerlo fossero stati reperiti proprio in tale regione.

La contemporaneità di esecuzione e l'affinità del soffitto decorato hanno spinto l'autrice a non lasciarsi mai sfuggire il confronto con la Cappella Palatina, sebbene vada sottolineata la sostanziale differenza strutturale dei due edifici e delle loro coperture: la scelta delle tavole lisce per il soffitto di Cefalù, più adattabile all'impianto basilicale con nave centrale di notevole altezza, diverge radicalmente da quella del legno intagliato a "stalattiti", di maggior difficoltà e raffinatezza esecutiva, che copre le più contenute proporzioni della Palatina. Il repertorio figurativo dei due soffitti dipinti è improntato a una sottile variatio tematica, il che attesta da un lato la circolazione di artisti di formazione fatimida, dall'altro di manufatti di lusso, come le cassette in avorio, sui quali erano presenti immagini di genere.

Già oggetto di uno studio teso a dar ragione di talune inquietanti presenze iconografiche in un contesto per così dire islamico quale è il soffitto cefaludense (Mirjam Gelfer Jørgensen, Medieval Islamic symbolism and the paintings in the Cefalù Cathedral, Leiden Brill, 1986), i temi dipinti sulle tavole, da mani diverse che vengono individuate per la prima volta da Aurigemma, si possono raggruppare in animali che lottano e figure umane o semiumane entro clipei perlinati, tra i quali suonatori, bevitori, cavalieri, ecc. Tra le figure a mezzobusto ne compaiono alcune aureolate, recanti una croce astile. Non rara su oggetti islamici di origine mediorientale, influenzati dai vicini regni crociati, era la presenza di temi cristiani, giustificabile anche dal fatto che nella tradizione coranica Cristo, il crocifero per eccellenza, era riconosciuto tra i principali profeti.

Se precedenti interpretazioni del soffitto vedevano come incompatibili i soggetti profani con quelli cristiani, per di più in contesto chiesastico, l'autrice invita invece a tener presente l'apertura culturale dell'età di Ruggero II, che giustificherebbe a Cefalù, ad esempio, la presenza di danzatrici o musici, i quali, più che estendere il repertorio illustrativo cristiano ampliandolo a una visione più gaudente del paradiso celeste, rimangono invece legati alla visione del paradiso islamico, luogo di sublimi gioie materiali. Senza bisogno di restringere l'ottica interpretativa sul tema paradisiaco e ultraterreno, le attività raffigurate - dall'equitazione, alla danza, ecc. - erano quotidianamente praticate a corte, quindi consone a una vita laica, seppure dai toni dorati e aulici. Anche la raffigurazione di alcuni bevitori è un richiamo alla vita di corte, perché se è vero che il vino era vietato dal Corano ai comuni fedeli, era tuttavia consentito ai principi.

A proposito della commistione di temi sacri e profani e della giustapposizione di componenti figurative islamiche e cristiane che caratterizzano gli apparati decorativi di Cefalù e della Palatina, di grande fascino è il richiamo che l'autrice fa a una pagina miniata nella città "crociata" di Acri, dove al Dio padre entro un clipeo al centro della pagina fanno da cornice intrecci zoomorfi e suonatori di liuto pure entro clipei. Nell'interpretazione complessiva delle immagini del soffitto dipinto non è necessario rintracciare simbolismi religiosi o astrologici, ma nemmeno considerarle occasionali riempitivi ornamentali. La loro presenza è certamente intenzionale e verosimilmente rispondente a un piano decorativo organico, attentamente studiato da colui che concepì e coordinò la realizzazione dello straordinario manufatto.

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