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recensione di Carluccio, G., L'Indice 1996, n. 8
Il primo elemento caratterizzante questa storia del cinema è la sua brevità. Cent'anni di cinema e più (dal pre-cinema agli anni novanta) in trecento pagine.Un dato che colpisce in anni in cui i modelli storiografici di un'arte centenaria tendono a privilegiare sistemazioni di ampio respiro sulla base di lavori e ricerche collettive, o a organizzare in forma di dizionario una materia che, nei suoi diversi aspetti linguistici, tecnici, produttivi, sociologici, ecc., e in una prospettiva geografica allargata su scala mondiale, si presenta a tutti gli effetti come enciclopedica. È vero, tuttavia, come viene sottolineato nella ricca postfazione di Alberto Farassino, che negli ultimissimi anni, pur partendo ancora da una concezione generalista e totalizzante della storia del cinema, si afferma l'esigenza di "una ricostruzione storica che non parta dall'obiettivo ideale della completezza e generalità... ma si proponga fin dall'inizio come un'operazione selettiva, risultato di un percorso originale nella storia del cinema capace di metterne in rilievo tendenze, linee di sviluppo, e anche autori e film, in una forma non tanto riassuntiva quanto rappresentativa, e dunque notevolmente concentrata". Ma certo esempi come quelli diThompson-Bordwell ("Film History. An Introduction*, Mc Graw Hill,1993), o di Sklar ("Film. An International History of the Medium", Abrams, 1993), per non citarne che due tra i più recenti, riguardano opere di dimensioni comunque considerevoli, ben oltre le cinquecento pagine o poco sotto il migliaio.Il caso di tentativi come quello di Leutrat che, in "Le cin‚ma en perspective: une histoire" (in uscita presso Le Mani), racconta la storia del cinema in cento pagine, è ovviamente quello di una scommessa esplicita.La quale, come nota ancora Farassino nel suo percorso bibliografico, giunge a "categorizzazioni di grande intelligenza e forza esplicativa ma evidentemente senza più riuscire a fornire quel minimo di informazione generale che una storia del cinema richiede".Il lavoro diPrédal, da questo punto di vista, si distingue per l'equilibrio tra esigenze informative e sistemazione storiografica complessiva, non sfuggendo tuttavia a un taglio riassuntivo, in alcuni casi un po' sbrigativo. È vero che il sottotitolo dell'edizione originale definisce questa "Histoire du cin‚ma" un "abrégé pédagogique", ma se di sommario si tratta e se l'intento è anche "pedagogico" si rimane inevitabilmente un po' male quando, a titolo di esempio, si trova appunto "riassunto" il periodo inglese di Hitchcock in un'affermazione come la seguente: "Questo primo periodo dell'opera di Hitchcock contiene in germe gli elementi stilistici che egli svilupperà a Hollywood, ma si tratta ancora di cinema di genere, mentre alcuni anni dopo, negli Stati Uniti, il regista creerà un genere personale".Gli esempi potrebbero essere altri, ma quello dell'estrapolazione è del resto un gioco scorretto e arbitrario.Del resto, la secchezza della sintesi è sia il limite che il pregio (oltreché la caratteristica di partenza, come si è detto in apertura) di questa storia del cinema che è da leggere tutta e non solo da consultare. Nell'insieme, a partire da una periodizzazione fondamentale in tre grandi blocchi ("Il cinema muto.1895-1930"; "Il cinema sonoro. 1930-1960"; "Il cinema moderno a partire dal 1960"), le articolazioni e le unità storiografiche rispettano perlopiù quelle tradizionali, in un'economia del lavoro che riesce a comprendere oltre al mondo euro-americano anche il cinema asiatico e del terzo mondo. E allora è proprio la concisione a rendere non solo utile ma anche in qualche modo avvincente una storia che dura cento anni e che si può ripercorrere in poche ore.
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