Cligès è il secondo romanzo di Chrétien de Troyes, scritto verso il 1176. Racconta dapprima la storia di Alessandro, figlio dell'imperatore di Costantinopoli, che giunge alla corte di re Artù e sposa Soredamor; dal matrimonio nasce Cligès, l'eroe del romanzo. Cligès è destinato al trono, che gli è però contestato dallo zio, il quale, violando la promessa fatta ad Alessandro prima della sua morte, vuole sposare la figlia dell'imperatore tedesco Fénice per assicurarsi una discendenza che regni al posto di Cligès. Fénice però si innamora di Cligès e, con l'aiuto di qualche sotterfugio, i due innamorati finiranno per sposarsi, non prima della morte del perfido zio di Cligès. Il romanzo associa il mondo arturiano a quello bizantino, anche per rappresentare, nella storia della venuta di Alessandro e Cligès presso Artù, quella teoria della translatio della cavalleria e della cultura dal mondo antico (greco e poi romano) alla società francese del tempo che tanto sta a cuore a Chrétien e agli altri intellettuali laici del XII secolo. Non contiene però, diversamente dagli altri romanzi, gli elementi tipici del meraviglioso celtico, dimostrando al contrario tratti di realtà effettiva (la capitale del regno di Artù è una normale Londra) e denunciando interessanti rapporti con la realtà storica e politica del tempo. I tratti fantastici non sono assenti, come si conviene a una storia arturiana per di più condita in salsa greca, ma questi sono, forse più che negli altri romanzi di Chrétien, funzionali alle grosse questioni ideologiche che il romanzo pone: il potere, legittimo e no, negato e riacquistato, e poi l'amore, che nel XII secolo era, come si sa, più una questione di testa che di cuore. Per la sua connessione con il potere l'amore di Cligès e Fénice richiama subito quello di Tristano e Isotta, di cui Cligès è una specie di antidoto nella legalità e nel rispetto delle regole della società, come peraltro spesso nella produzione di Chrétien. L'amore del cavaliere e della principessa è infatti anch'esso travagliato ma destinato a trionfare, grazie all'azione anche qui di un filtro, che però non è generatore di tragedia ma di lieto fine. Walter Meliga
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