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scheda di Roccato, P., L'Indice 1990, n. 5
In Italia la psicoanalisi si va attualmente sviluppando in un clima di aperto pluralismo e di franco confronto. Dev'essere per questo che sentiamo superflue e fastidiose tutte le precisazioni che l'autore fa per non scandalizzare i lettori legati alla tradizione, come se temesse di dire cose sconvolgenti. Il libro è, invece un tranquillo contributo alla messa a punto dell'epistemologia della psicoanalisi, attraverso la rigorosa distinzione fra teoria, tecnica e clinica, in vista di una loro più consapevole integrazione, dove la tecnica serva a realizzare una situazione clinica feconda e la teoria a rendere più intelligibili i dati clinici, e dove nessuna delle due sia resa feticcio, ma dove il primato assoluto spetti alla clinica cui le altre due hanno da essere sottomesse. È chiaro che, assunta questa prospettiva, del resto ovvia, ci si immette naturalmente sulla strada di rivedere le concezioni freudiane che si rivelano inadeguate a sorreggere la clinica; per cui stupisce che l'autore, nelle "Conclusioni" (p. 169), sia tanto diplomatico nel dire e non dire di mettere in discussione tecnica e teoria classiche. Suo intento è dimostrare la necessità (che a noi pare ovvia) di ampliare la concezione esclusivamente triangolare della dinamica psichica. Anche se taluno potrà sentire, a volte, pesante l'ossessione nosografica, la lettura è da raccomandare per alcuni spunti di riflessione, su temi quali la concezione evolutiva della perversione (p. 79) come tesa a riparare il narcisismo (e non la sessualità) materno; o la consapevolezza della complessità dei fenomeni che vengono riassunti dai termini "pulsione aggressiva" e "pulsione di morte" (pp. 149-168). Sarebbe interessante se l'autore coniugasse il proprio pensiero con la psicologia del Sé: gli orizzonti si amplierebbero e quel suo non so che di arido forse potrebbe essere attenuato. Grave la mancanza dell'indice analitico, soprattutto, per un editore che tende a fare un buon editing.
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