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2006 - Mostra d'arte cinematografica di Venezia - Leone d'oro al miglior film
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E' un film che mi ha molto commosso. Poetico, delicato, straordinariamente attuale. Da vedere e rivedere. Un capolavoro.
Questa natura morta,mi sembra più viva che mai,lo spaccato esistenziale di un uomo metodico,lineare,quasi maniacale,che cerca di dare dignità alle persone invisibili nel'ultimo atto dell'esistenza cioè la morte ricomponendone il passato vissuto(inesistente agli occhi di molti),dove ognuno dei conoscenti degli invisibili da un racconto,per ricomporne il puzzle vitale.Ho pianto per questo film.
Natura morta, ancora vita, ma anche vita ferma e vita fotografata: sono alcuni dei significati possibili di Still life a cui lo spettatore può fare riferimento circa l’atteggiamento da assumere per la visione del film così ititolato, uscito in Gran Bretagna nel 2013 per la regia italiana di Uberto Pasolini. Oltre ad essere espressione di grande cinema e di cinema che parla di misericordia, Still life è, anche, metacinema: John May, il protagonista, è il regista, lo sceneggiatore, il direttore della fotografia, il musicologo, il responsabile del casting delle storie riesumate (è il caso di dirlo) dal film. John May, responsabili dell’ufficio municipale che tratta le pratiche di tumulazione dei defunti senza parenti, prova a restituire dignità e amore a vite marginali che, passate inosservate lungo la timeline della Storia, si spengono, in maniera altrettanto anonima, nella solitudine e nel silenzio. Quello di John non è un mestiere, sembra più una vocazione (del resto né miseria né misericordia si possono esperire per professione) e l’attenzione meticolosa che non calcola tempo e denaro ne sono la riprova. La sua è una curiosità “artistica”, che cerca di ricomporre le sceneggiature di personaggi “usciti di scena” e costringe ciascuno a ripensare il proprio rapporto coi defunti. Ecco allora che la storia di Billy Stoke diventa una “nuova” esperienza umana, articolata nel tempo della narrazione che, confrontandosi con la morte (che del tempo è il limite), la riordina entro un quadro dotato di “altro” senso, aprendo a tutte le “comparse” (e allo spettatore) la possibilità di giungere ad una “diversa” comprensione della vita (e della morte), permettendo, così, alle “presenze” immobili di una natura morta di andare oltre la forma e, finalmente, animarsi di (nuova) vita.
Recensioni
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Un film rigoroso, denso, profondo nell'immagine e nel senso
Trama
John May è un funzionario comunale dedicato alla ricerca dei parenti di persone morte in solitudine. Diligente e sensibile, John scrive discorsi celebrativi, seleziona la musica appropriata all'orientamento religioso del defunto, presenzia ai funerali e raccoglie le fotografie di uomini e donne che non hanno più nessuno che li pianga e ricordi. La sua vita ordinata e tranquilla, costruita intorno a un lavoro che ama e svolge con devozione, riceve una battuta d'arresto per il ridimensionamento del suo ufficio e il conseguente licenziamento. Confuso ma null'affatto rassegnato, John chiede al suo superiore di concedergli pochi giorni per chiudere una 'pratica' che gli sta a cuore e che ha il volto di Billy Stoke, un vecchio uomo alcolizzato che aveva conosciuto un passato felice. Di quel passato fa parte Kelly, la figlia perduta per orgoglio molti anni prima. Lasciata Londra per informarla della dipartita del genitore, John si muove tra i vivi e assapora la vita che ha il volto di una donna e il sapore di una cioccolata calda.
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