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Alexandre Dumas, autore piuttosto fecondo di opere di grande successo, fra le quali ricordo Il conte di Montecristo e Robin Hood, è riuscito con I tre moschettieri a congegnare un romanzo di cappa e spada, che presenta un ritmo costante, senza mai cadute, e quindi la condizione ideale per avvincere il lettore; non c'è però solo questo elemento positivo, perché, se pur apprezzabile, non avrebbe potuto decretarne il grande successo. Infatti, alla vicenda, ambientata in Francia nella prima metà del XVII secolo (tanto per intenderci l'epoca in cui regnò Luigi XIII, coadiuvato in qualità di primo ministro dal cardinale Richelieu), l'autore ha fatto partecipare personaggi che per loro caratteristiche, contrastanti e accattivanti, costituiscono un sicuro richiamo. Mi riferisco al giovane e valoroso D'Artagnan, un vulcanico guascone, tanto esuberante quanto assai abile con la spada, e intorno a lui, fidati compagni di avventura, sono il nobile e distinto Athos, l'ecclesiastico - ma con la veste talare temporaneamente abbandonata - Aramis, istruito e raffinato, nonché il sanguigno e valente Porthos. Questi quattro protagonisti, tutti moschettieri del re, una sorta di corpo di elite, devono vedersela pressoché quotidianamente con le guardie del Cardinale Richelieu, sempre nell'ombra a tramare, avvalendosi della collaborazione di personaggi poco raccomandabili, come Milady de Winter, donna di assai piacevole aspetto, ma anche notevolmente abile come spia.. Desidero infine mettere in evidenza i valori evidenziati nell'opera: la virile amicizia dei compagni d'avventura, che mettono in pratica sempre il loro motto Tutti per uno, uno per tutti, la fedeltà a chi governa la nazione (in questo caso il re) e al proprio paese (la Francia), tale da far passare in secondo piano qualsiasi ambizione personale, la coerenza, frutto di una dignità a tutta prova, il coraggio, quando necessario, e la ricerca della giustizia.
Come poter recensire un capolavoro come questo di Dumas? E infatti non lo farò. Dico solo che il romanzo mi ha sorpreso sotto diversi punti di vista: per l'ironia disarmante; per il ritmo mai interrotto della (lunga) narrazione; per la figura di Milady, da me conosciuta come cattiva ma non perfida e spietata come appare nel racconto; per la facilità con cui si leggono le oltre 700 pagine. Ottimo.
Recensioni
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