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La distruzione dell'Europa. La Germania e l'epoca delle guerre mondiali (1914-1945) - Andreas Hillgruber - copertina
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La distruzione dell'Europa. La Germania e l'epoca delle guerre mondiali (1914-1945) - Andreas Hillgruber - copertina

Dettagli

1991
2 dicembre 1991
498 p.
9788815032065

Voce della critica


scheda di Revelli, M., L'Indice 1992, n. 3

Hillgruber è stato uno dei protagonisti della cosiddetta 'Historikerstreit', con due volumi di rilievo ("La strategia militare di Hitler", Il Mulino, 1986, e "Storia della seconda guerra mondiale", Laterza, 1987), e soprattutto con il discusso pamphlet "II duplice tramonto" (Il Mulino, 1990) in cui sembrò a molti voler ridimensionare, o quantomeno relativizzare, l'orrore dell'Olocausto di fronte alla più pressante preoccupazione di preservare l'identità nazionale tedesca. Ora, con questa raccolta di saggi scritti in occasioni diverse tra gli anni settanta e gli anni ottanta, ritorna sul tema del "fallimento della Germania", con un approccio di ampio respiro. Al centro dell'analisi è il rapporto tra "questione tedesca " ed Europa, tra politica di potenza tedesca e contesto geopolitico europeo, infine, tra dissoluzione del progetto egemonico tedesco e distruzione dell'Europa come potenza continentale. Un rapporto indagato lungo l'intero arco degli ultimi due secoli, dal Congresso di Vienna a Yalta, dal sorgere del "concetto europeo" immediatamente a ridosso del crollo del sogno egemonico napoleonico, alla spartizione dell'Europa tra i blocchi, dopo la catastrofe della Germania nazista. Alla definizione delle linee generali di questo quadro sono dedicati i primi due saggi, da cui emerge con forza la permanente tensione - quasi per una "necessità" geopolitica - tra equilibrio europeo ed egemonismo tedesco, tra logica del bilanciamento e dinamica della crescita di potenza al centro del continente. La parte centrale del volume, quella più importante storiograficamente, è poi composta da un numero consistente di contributi sui temi più scottanti del periodo delle guerre mondiali: la questione della "decisione" dell'intervento nel luglio 1914, e quindi della responsabilità della Germania, il problema dell''Anschluss', la politica estera tedesca nell'area danubiana e nei confronti della Polonia, la strategia hitleriana verso alleati e nemici, con in evidenza l'analisi del patto Hitler-Stalin, e, ancora, il tema dello sterminio degli ebrei nel quadro della guerra sul fronte orientale. È da questi contributi che emerge con maggiore chiarezza il segno politico della storiografia di Hillgruber, la quale se non può essere definita - come da alcuni è stato fatto, nel fuoco della polemica - di orientamento filonazista (le posizioni assunte sullo sterminio degli ebrei e sul carattere della politica hitleriana sono inequivocabili), mostra, in compenso, il suo chiaro orientamento nazional-conservatore, e il carattere sostanzialmente ambiguo nella soluzione del dilemma sulla "questione tedesca". All'idea che l'equilibrio europeo sia stato tradizionalmente infranto dalle ricorrenti tentazioni espansionistiche tedesche, quale emerge in qualche modo dai fatti stessi (un equilibrio europeo si è dato nei periodi di crisi della potenza tedesca, e si è rotto nelle fasi di ricomposizione), sembra sovrapporsi la tesi secondo cui la nazione tedesca sarebbe stata costantemente "sacrificata" e obbligata a rinunciare alla propria naturale vocazione egemonica dalla fragilità strutturale del concerto europeo; e che l'impossibilità forzata della Germania a realizzare il proprio destino egemonico si sia risolta nell'incapacità dell'Europa a realizzare il proprio destino continentale. Vanno in questa direzione un buon numero di soluzioni storiografiche escogitate da Hillgruber tutte dirette ad "assolvere" la Germania dall'accusa di espansionismo e di aggressività militarista (in primo luogo l'interpretazione dell'intervento nel 1914 come "guerra preventiva"). Ed anche, per certi versi, i due ultimi saggi, dove il primato della storiografia politica e della politica estera come oggetto storiografico vengono affermati con un brutale (e metodologicamente rozzo) attacco alla storia sociale e alle correnti più dinamiche della storiografia di sinistra.

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