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Il mondo interno. Scritti (1920-1958) - Joan Riviere - copertina
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Il mondo interno. Scritti (1920-1958) - Joan Riviere - copertina
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Descrizione


Analizzata da Jones e in seguito da Freud, di cui divenne amica per averne tradotto le opere in inglese, Joan Riviere è una delle grandi figure femminili nella storia della psicoanalisi. Ha contribuito in modo decisivo a mettere a punto le fondamentali intuizioni di Melanie Klein e a trasmetterle a un mondo psicoanalitico inizialmente ostile, riuscendo a costituire un ponte tra le idee kantiane e quelle freudiane.
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Dettagli

1998
1 settembre 1998
Libro universitario
380 p.
9788870785265

Voce della critica


recensioni di Mancia, M. L'Indice del 1999, n. 05

Nel corso di un simposio tenuto a Londra nel 1927 Joan Riviere appoggiò incondizionatamente la teoria kleiniana dello sviluppo precoce del Super-Io e, in polemica con Anna Freud, sostenne che, guardando la realtà interna, non esiste una differenza tra adulti e bambini. Ambedue si trovano nella condizione di essere tristi e infelici senza essere consapevoli di essere malati. L'unica differenza è che l'adulto maschera e razionalizza i suoi sintomi esprimendo una profonda resistenza a farsi aiutare, mentre il bambino non si preoccupa affatto di nascondere i propri sentimenti o le proprie ansie e sintomi.

Sempre in polemica con Anna Freud, Joan Riviere affermò che i bambini fanno il loro transfert proprio come gli adulti, e confermò l'importanza del Super-Io precoce che deriva "dall'amarezza della sua esperienza di fronte alla frustrazione". Quest'ultima è la causa del senso di colpa, che non è ovviamente primario ma "scaturisce dal fatto della sua stessa inferiorità, e dal fatto che i suoi desideri sessuali sono irraggiungibili, anche se è certamente vero che le ingiunzioni morali dei genitori contribuiscono alla nascita del senso di colpa".

Tutto si gioca a livello di fantasia e immaginazione. Ergo, "la psicoanalisi sostanzialmente non è altro che la scoperta, da parte di Freud, di ciò che accade nell'immaginazione del bambino (...) l'analisi si interessa proprio di questo campo, non di altro; non si occupa del mondo reale, né dell'adattamento al mondo reale di bambini o adulti, e non riguarda la malattia o la salute, la virtù o il vizio. Si interessa invece, semplicemente e unicamente, degli accadimenti immaginativi della mente infantile, dei piaceri fantasticati e delle punizioni temute".

Nel capitolo dedicato alla femminilità, Joan Riviere identifica l'origine dell'omosessualità delle donne nella frustrazione subita durante l'allattamento o lo svezzamento, sentimento che provoca un intenso sadismo nei confronti dei genitori e in particolare della madre. Ci sono delle donne - dice Riviere - che, sentendosi molto mascoline, indossano una "maschera di femminilità" per difendersi dall'angoscia di poter subire ritorsioni da parte degli uomini.

Un tema particolarmente caro a Riviere è quello della gelosia. Sarebbe l'invidia per la persona che possiede un oggetto del proprio desiderio a scatenare la gelosia. Le radici di questa invidia-gelosia sarebbero molto profonde, riconducibili "all'invidia orale e alla deprivazione subita del seno o del pene paterno (quale oggetto orale), e cioè degli oggetti con cui, a quel livello, il bambino sente che i genitori si procurano un reciproco piacere durante il coito". Quindi "la gelosia e l'infedeltà possono avere la base nei livelli pregenitali degli impulsi erotico-orali e sadico-orali".

Joan Riviere, pur essendo una fedele seguace del pensiero kleiniano, ha sempre avuto profonda deferenza, amore e rispetto per Freud e il suo insegnamento. Ha dovuto quindi mediare tra le due diverse concezioni dello sviluppo della mente.

Nel capitolo intitolato Pazienti distrutti dal successo, l'autrice entra in un tema clinico di grande importanza: quello della reazione terapeutica negativa (Rtn). L'assunto tutto kleiniano è che in questi pazienti il Super-Io è di una tale potenza da sconfiggere i risultati dell'analisi. Oggi noi diremmo, dopo Abraham e Rosenfeld, che questi pazienti non tollerano di essere aiutati e di dover ammettere il loro bisogno, tratti questi che caratterizzano il narcisismo maligno (Rosenfeld). Sulla stessa linea, Riviere sottolinea che "il nucleo del problema è situato nelle resistenze narcisistiche del paziente". Ma la sua intuizione originale è nel pensare alla reazione terapeutica negativa come a una organizzazione difensiva inconscia e maniacale rispetto alla paura della depressione, della follia, del suicidio. La paura della depressione, della follia, della stessa morte, è la causa principale del rifiuto, da parte del paziente, dell'analisi, poiché "l'analisi significa smascherare, il che vuol dire per il paziente sentirsi rivelare, veder diventare reale, 'realizzare' in tutta la loro cruda realtà la sua disperazione, la sua sfiducia e il suo senso di fallimento, che per il paziente non significa altro che la sua morte".

Nelle Conferenze che fece nel 1936 con Melanie Klein, Joan Riviere affronta l'argomento dell'odio e dell'aggressività sottolineando come dentro di noi ci siano forze emotive contrapposte che riguardano l'amore e l'odio, e come l'ambiente sia in condizione di influenzarle. L'aggressività viene descritta come difesa e come aspetto importante per l'uomo nella sua lotta per l'esistenza e per soddisfare lo stesso desiderio d'amore. Sono le condizioni di dipendenza a generare emozioni aggressive.

Nel paragrafo dedicato alla proiezione, modalità con cui "automaticamente releghiamo fuori di noi ogni sensazione o sentimento doloroso e spiacevole contenuto nella nostra mente", dimostra di avere intuito, nove anni prima della descrizione di Melanie Klein (1946), il concetto di identificazione proiettiva. Dice infatti Riviere che noi mentalmente localizziamo i nostri pericoli interni fuori di noi e in seguito scarichiamo anche i nostri impulsi aggressivi localizzati all'esterno. L'uso eccessivo di questa proiezione (che meglio chiameremo identificazione proiettiva) comporta un'alterazione della percezione della realtà. Il buono e il cattivo possono confondersi, può scomparire il senso della realtà come nella pazzia. Un'altra funzione della proiezione, collegata alla gelosia, è quella di mettere nel rivale tutto il male e la distruttività, per cui egli viene odiato senza alcun senso di colpa. La sessualità, cui la gelosia è collegata, produce invece senso di colpa, le cui radici sono nelle primissime esperienze relazionali e nei primi desideri sessuali.

Un aspetto molto rilevante di questa raccolta di scritti consiste in una chiara presentazione del pensiero kleiniano da parte di un'analista che ha seguito l'evoluzione di Melanie Klein fin dal suo arrivo a Londra nel 1926. L'idea di Joan Riviere è che Klein abbia aderito, ampliandole, alle idee di Freud, senza allontanarsi dai concetti più classici. Se infatti Freud ha scoperto l'inconscio, Klein lo ha esplorato nei recessi ancora più profondi di quanto abbia fatto Freud stesso. Il punto di partenza del pensiero freudiano è la presenza, nella mente dell'uomo, di una forza volta alla distruzione: la pulsione di morte. Klein si collega a questa ipotesi e dimostra che anche nel neonato esiste una pulsione responsabile del suo sadismo e delle sue angosce. Il pessimismo ontologico di Melanie Klein è radicato nella sua concezione della mente al suo inizio, dominata da una forza primaria sadica e distruttiva che genera angoscia nel neonato e condiziona interamente la sua relazione con la madre. La scissione e la identificazione proiettiva sono la conseguenza di questa angoscia e la riparazione è a sua volta la conseguenza dell'attacco fatto in fantasia al corpo materno.

Questo ampliamento delle idee di Freud ha permesso l'ipotesi kleiniana di una nuova teoria della mente, fondata sugli oggetti interni, figure significative (i genitori, in primo luogo) che si stratificano nello spazio metaforico definito come mondo interno dell'individuo attraverso i processi di identificazione.

Quanto al confronto con le idee di Freud, ci sono motivi di dissonanza. Ad esempio per Joan Riviere, sulla scia del pensiero kleiniano, la relazione d'amore e di ostilità nei confronti della madre e dell'ambiente si sviluppano nel bambino di pari passo. E l'inconscio non è solo rimotivo né "costituisce una parte arcaica e rudimentale della mente, bensì l'organo attivo in cui hanno luogo i processi mentali". Tra questi ha un ruolo dominante la fantasia che resta solitamente inconscia. Questa fantasia inconscia si fonda sulla interpretazione soggettiva dell'esperienza, che la psiche mette in atto per mezzo dei processi di introiezione e proiezione.

Alla base dello sviluppo mentale ci sono le due posizioni descritte d Melanie Klein, la schizo-paranoide e la depressiva. Quando le angosce schizo-paranoidi si attenuano e il bambino entra nella posizione depressiva, la madre viene percepita come persona reale e "nascono i sentimenti d'amore, distinti dai bisogni sensoriali; in questo modo i sentimenti d'amore determinano la differenza fondamentale tra relazione d'oggetto parziale e relazione d'oggetto intero". Questi processi sono della massima importanza anche nella vita affettiva e sessuale adulta. Joan Riviere conclude questo suo lungo discorso sulla teoria kleiniana dello sviluppo precisando che "il mondo interno è un mondo fatto esclusivamente di relazioni personali, in cui niente è esterno, nel senso che ogni cosa che in esso accade si riferisce al sé (...). Il mondo interno dei nostri oggetti istintuali, nella sua forma primitiva, è perciò abitato dapprima da nostra madre e nostro padre o dalle parti di essi internalizzate in quell'epoca, per esempio mediante il succhiare, o il guardare, il percepire e il registrare all'interno; e quelle due persone rimangono i prototipi di tutte le relazioni che sviluppiamo successivamente con altre persone". Meglio e più chiaramente non poteva essere descritta la concezione teologica della mente dove le rappresentazioni delle figure più significative dell'infanzia (in particolare i genitori) diventano gli dèi e i diavoli del nostro universo mentale.

Che dire, alla fine di questa lettura, di questa raccolta di scritti? Joan Riviere ci appare come una persona molto dotata e molto appassionata di psicoanalisi. Tuttavia, i suoi scritti teorici ricalcano a volte in maniera poco critica le idee di Melanie Klein.

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