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molto bello e molto toccante, un libro veramente stupendo anche se la trama è un po' triste e malinconica, mi ha fatto riflettere molto sulla fortuna di nn essere nata ebrea in quel periodo. mi ha fato capire cosa passassero quei poveri ragazzi in un campo di concentramento e infine mi ha fatto odiare tutte quelle persone come Mussolini o Hitler che uccidono solo per questioni di razza!! ihih che lungo...stranoooooooo ciaoooooo LEGGETELO
Un libro assolutamente toccante. Ringraziate il cielo di non aver vissuto quegli anni.. Un libro da premio!
Stupendo. Forse sarò io che amo la Seconda Guerra Mondiale, ma questo libro è davvero toccante. La fine è molto triste. Un libro da comprendere. Forse un po' noioso x l'argomento in sè per sè, ma è veramente stupendo. Consigliato x chi ama la Seconda Guerra Mondiale.
Recensioni
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SESSI, FREDIANO, Ultima fermata: Auschwitz. Storia di un ragazzo ebreo durante il fascismo
HOLLIDAY, LAUREL (A CURA DI), Infanzia in guerra. Diari segreti di adolescenti europei nel secondo conflitto mondiale
recensione di Bouchard, E., L'Indice 1996, n.11
Quasi tutti i ragazzi italiani che hanno frequentato la scuola dell'obbligo dal dopoguerra a oggi hanno avuto occasione di leggere la storia di Anna Frank; molti ne saprebbero riconoscere il volto che, dalla copertina del libro, guarda un punto lontano, alle spalle del lettore, o forse un punto interiore, sfiorato dalla lunga matita che si inclina sulla mano. Con lei è come se gli scolari postbellici avessero pagato il tributo alla conoscenza dei loro coetanei nella guerra e nell'Olocausto, con lei si è aperta e si è chiusa la ricerca su come, in prima persona, i ragazzi, ebrei e non, abbiano adattato la propria esistenza alla precarietà del conflitto. Eppure la storia di Anna, pur così intensa, non rispondeva a certi interrogativi, stretta com'era nel chiuso della stanza. Ma fuori, i ragazzi ungheresi, polacchi, russi, inglesi, come vivevano le loro giornate, chi libero e impaurito, chi nei lager terrorizzato?
"Infanzia in guerra" è la prima raccolta di diari scritti da bambini e ragazzi durante la seconda guerra mondiale che riesca a rispondere a questi interrogativi, anche se le trecento pagine appaiono poche per contenere l'intenso e doloroso reportage di chi, dai dieci ai diciotto anni si trova a scegliere il diario come estrema forma di resistenza. Sarebbe interessante riuscire a capire perché ci sia voluto così tanto tempo per dare alla stampe storie tanto simpatetiche. La maggior parte dei diari è stata trovata nascosta nelle crepe dei muri di case diroccate, di lager sfollati, in nascondigli nei boschi: gli autori medesimi o qualche parente sopravvissuto hanno raccolto, a guerra finita, fogli e quaderni, migliaia e migliaia di pagine, di cui solo una minima parte pubblicata per interessamento di associazioni ebraiche o del singolo autore, ma spesso mai tradotti in altre lingue. Fa eccezione il diario di Ana Novac ("I giorni della mia giovinezza", Mondadori, 1996), nata nella Transilvania ungherese e deportata ad Auschwitz. La ragazzina scrive con mozziconi di matita su pezzetti di carta nascondendoli negli zoccoli di legno. Ana dichiara di avere una fame di scrivere "più forte di ogni altra fame, di ogni altra paura, più forte dei pidocchi, della diarrea. Più forte del Terzo Reich".
È per non morire che questi piccoli e questi giovani hanno deciso - alcuni per tutta la durata della guerra - di annotare il terrore per la Gestapo, la fatica di provvedere alla propria sussistenza, la disperazione per la perdita violenta dei familiari ma anche la prima giornata di sole e gli scherzi fra compagni. I ragazzi dicono di scrivere per non essere soli, per testimoniare, per resistere all'umiliazione, per capire se stessi, la propria sessualità, il senso della propria vita. Molti per non impazzire, sfogando così la rabbia e lo sdegno. Fra urla e bisbigli il desiderio di vivere si ripete nei gesti e nelle frasi di chi, costretto a fuggire dall'infanzia non vuole però soccombere, non rinuncia a lottare. Quei ragazzi di allora danno al lettore giovane di oggi la possibilità di capire come si reagisce alla sofferenza, e il valore letterario della maggior parte dei diari facilita il contatto diretto, annulla la distanza costruita dal tempo. La forza della scrittura sembra proporzionale allo stato di necessità e anche quando i toni cambiano - dagli accenti poetici dei più piccoli alla rude analisi storica dei più grandi - resta la potenza della verità dei racconti che nessuna invenzione letteraria può sostituire.
È questa totale assenza di finzione che manca al libro di Frediano Sessi, già curatore del "Diario" di Anna Frank. Nel suo "Ultima fermata: Auschwitz" sceglie la forma diaristica per raccontare la storia di un ragazzino ebreo italiano dal '38 al '43. Il libro, adatto ai preadolescenti, assolve la sua funzione narrativa ricostruendo con lucida memoria gli episodi importanti per un bambino di dodici anni, ma del diario non ha l'intensità comunicativa di chi si rivolge a un foglio di carta e solo a lui. Sessi ha in mente il lettore, lo trova, lo raggiunge e gli offre l'opportunità di conoscere ma non di riconoscersi.
Sulla guerra sono stati scritti per i giovani, nel corso del secolo, libri belli e brutti, e Walter Fochesato ("La guerra nei libri per ragazzi", Mondadori, Milano 1996, pp. 172, Lit 18.000) costruisce un percorso di lettura critico e attuale prendendo in considerazione anche volumi di recentissima pubblicazione.
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