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Dobbiamo all'ampia attività di traduzione di Anna Maria Carpi l'aggiornato confronto con la poesia tedesca contemporanea attraverso edizioni con testo a fronte, sempre corredate da brevi ma intense postfazioni. Con Drawert la germanista e poetessa ci propone una delle voci più rappresentative dell'odierna Germania. Il tratto autoironico di questo cinquantenne originario di Lipsia è evidente fin dalla vena commerciale del titolo. Perché la stessa poesia, se non è in totale liquidazione, è comunque ritagliata dai meccanismi di mercato: "Proof reading is done by the others", recita l'ultimo verso di Chiamate, dove l'inglese cifra il versante occidentale, se non globale, dell'industria culturale. D'altronde anche la natura, tradizionale fonte d'ispirazione, resiste oggi come citazione, dunque posta tra virgolette: "Der Wald" il bosco di romantica memoria è ridotto a immagine a stampa di un catalogo. Così come legno, tronco, corteccia: "alla fine tutto approda, che pizzichi / o punga, in un nuovo catalogo Ikea".
Allineando referti oggettivi della vita quotidiana, Drawert traccia il ritratto tecno dell'odierno Homunculus "in sala d'aspetto / col cranio spazzolato / e l'ago nella vena". Un vissuto online, il nostro, un ultimo giro di poker nelle "chat rooms dell'inferno". E fondali d'incendio che rimandano a certi infuocati orizzonti espressionisti per rinserrarsi tuttavia nel chiuso di un poco rassicurante perimetro domestico. Come in Rauch-Fumo. Un titolo di sinistro richiamo tedesco che ottunde l'interna eco goethiana l'immagine della falena che nella notte arde per amore ribaltando il celeberrimo Stirb und werde! in una dimensione coatta di claustrofobia esistenziale.
Frequente nella raccolta è il movimento anamnestico. L'idillio viaggia "a ritroso", ostile a ogni compiacimento lirico. Il linguaggio del poeta è maturato a Est, in quella Ddr che l'autore rievoca in uno spazio compreso tra "una casa di bambole" e "una trincea di guerra". Un regno "bruciato in una scatola di fiammiferi", scrive altrove Drawert, restituendo quel senso d'implosione che ha segnato il tramonto del blocco orientale. Emerge con questa generazione di poeti l'altra figura di spicco è Durs Grünbein, ma vanno ricordati anche Barbara Köhler e Uwe Kolbe uno sguardo critico diverso, per così dire tra Est e Ovest, nell'"ombra" (il termine è di Drawert) di quel confine caduto. È probabile che la loro formazione li renda più insofferenti rispetto al ciarpame pubblicitario e all'attuale mercificazione della parola. Drawert non esita infatti a dichiarare il suo spaesamento il poeta si è trasferito in Occidente nel 1993 con versi che richiamano quelli nati a ridosso della Wende. Si legga ad esempio Disorientato. Un testo autobiografico suddiviso in cinque brevi sezioni che accanto al non detto, segnalato da uno spazio vuoto, svela uno sradicamento domestico e linguistico senza ritorno: "Così un bel giorno, andai laggiù / sempre oltrepassando l'uscita all'autostrada, / ed eccomi arrivato. Ma non potei / trovare la loro lingua, / rinunciai e tornai indietro, / dove". Wohin? si chiedeva Drawert anche in Casa vuota. Lo stato delle cose, una presa d'atto della cancellazione economica della Ddr pubblicata nel 1993 sullo "Spiegel".
In realtà Collezione di primavera mostrauna ricca alternanza di procedure compositive. In Transib.Trauma.Dante il testo avanza come "una barca oscillante sullo Stige" lungo i binari della transiberiana, caricandosi in itinere di una memoria storica che dalla svolta del 1989 s'inoltra là dove il canto "arriva rauco dal buio della pianura" e "il sangue delle rivoluzioni defluisce nei fiumi", per chiudersi nel presente di un io appeso "al gancio del tempo", un io appaiato nel cono di luce degli ultimi versi a "un maiale scannato / che cola in un modo pur sempre classico". Il metodo compositivo di Drawert e mi pare questo l'aspetto più originale sta nella virata di nitide immagini quotidiane rispetto al comune senso discorsivo. È uno scatto visionario che dilata oggetti e corpi. Così in Mosche l'incipit coglie una donna russa dietro il banco di una baracca, tra avanzi di sporcizia e insetti. Mosche che nella terza strofa diventano "mosche della storia", fino a investire la donna con uno snapshot alla Brinkmann: "Il suo corpo / è una landa piena di mosche, indifesa, la mano come mozzata nell'ebbrezza del loro assalto, / la testa, i capelli e avanti fino agli occhi".
Drawert reitera come Giuliani la figura dell'angelo in terra, ma a differenza del poeta italiano qui l'angelo non libera dalla violenza umana ma la subisce. Precipitato al suolo, anzi sull'autostrada E55 l'allusione è alla prostituzione minorile insediata nei parcheggi al confine tra Germania e Repubblica ceca l'angelo ha gambe di puttana in cui frugano come in un "libretto al portatore" maschi guardinghi "nel chiarore lascivo delle loro auto".
Una congiunzione di natura e storia si legge nei versi di viaggio, secondo la tradizione dei Reisebilder. L'andamento epistolare di Polonia in lettere - e come va in Germania? incardina voci diverse, anonimi stenogrammi di turismo giovanile "con ticket scontato" per Auschwitz, in un paesaggio di degrado diffuso. Lo sguardo attento al dettaglio confronta il benessere occidentale con i rigori della vita in Polonia: "La gente di qui povera, gatti magnifici, // ma croste e croste fino all'alluce, / è la durezza, la vera, così lontana / da Bad Homburg e dal tuo bagno / con le piastrelle di Padova".
Non di rado la raccolta si anima di un soffio ascendente, in figure di estatica sorpresa. Un fruscio trattenuto, oppure frenato da un interrogativo, come in Che succede domani? Persino riemerge il cigno di hölderliniana memoria, mentre "dalle corone degli alberi fuori della mia finestra / lentamente cola l'oro nel lago". Anna Chiarloni
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