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È possibile un dialogo tra Heidegger e la scienza? Tra il filosofo che ha detto “la scienza non pensa” e la forma di sapere che costituisce il vanto più alto della nostra civiltà? Questo libro prova a chiederselo, evitando le risposte preconfezionate e avventurandosi con Heidegger nella “nebbia che avvolge l’essenza della scienza moderna”.
Giorgio Bertolotti insegna Ermeneutica filosofica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Tra le sue pubblicazioni: Le stagioni dell’assoluto (Milano 1995), e (con S. Natoli, C. Sini, G. Vattimo, V. Vitiello) Ermeneutica (Milano 2003).
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Il problema della scienza e della tecnica posta come domanda. La scienza come un fiume e la sorgente come "lo stato di cose inapparente" (Heidegger). La scienza non pensa e allora il pensiero deve attenzionarsi ad essa? L'essenza della tecnica porta a comprendere la scienza, "ma l'essenza della tecnica non è qualcosa di tecnico (..) è soltanto una costruzione umana": con la precisazione che tra le scienze positive vi sono differenze relative, mentre tra esse e la filosofia le differenze sono assolute, perchè la filosofia non trova il proprio oggetto già "svelato". La tecnica è un mezzo in vista di fini, uno strumento? Essa è cieca al senso autentico della strumentalità che porta ciò che è presente all'apparire (poiesis platonica, produzione)?La tecnica pensata come sua essenza è ciò che pare la dimensione in cui si colloca scienza e il progetto di organizzare la natura in modo calcolabile.Il dis-velare gli enti è pro-vocare: essi non hanno più la natura dell'oggetto, ma quella del "fondo". Un fondo (la natura) a disposizione. La tecnica per Heidegger non tratta le cose in una certa maniera (come fondo) ma le fa essere in quella maniera, occultando la poiesis e il disvelare come tale " e con esso ciò in cui la disvelatezza, cioè la verità accade". Siamo alla "opposizione tra pensiero meditante e calcolante, tra pensiero e non pensiero". C'è forse...un pensiero originario "in grado di dare la misura del pensiero della scienza o della filosofia. Come se l'origine non fosse sempre una figura dell'originato; come se davvero vi fosse una sorgente...".
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