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La commedia di Charleroi
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La commedia di Charleroi - Pierre Drieu La Rochelle - copertina
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commedia di Charleroi

Descrizione


"Sono partito, non sono più ritornato, questa volta". Così chiude l'ultimo racconto di questa raccolta, scritta nel 1934, che ci svela il senso della guerra per Drieu La Rochelle: l'impossibilità di fare ritorno alle commedie della vita civile dopo aver provato il disgusto e l'ebbrezza del grande conflitto del '14-'18, che la tecnica ha reso ancor più disumano. Eroismo e viltà, esaltazione e disincanto, ideologia e cinismo si confondono nei personaggi della "Commedia, che narrano la loro esperienza sapendo di non poter essere creduti da chi nella pace è ansioso di ritrovare soprattutto le proprie illusioni. Come la signora Pragen, la borghese arricchita del primo racconto, che cerca le tracce del figlio sul campo di Charleroi, ma fugge la realtà di una guerra che, nei massacri di massa, ha perso anche le sue retoriche e le sue finzioni romantiche. E gli uomini che hanno vissuto il furore delle trincee sono già quelli che, incapaci di abbracciare una condizione diversa dallo stato d'eccezione, andranno a popolare le grandi mobilitazioni totalitarie del Novecento. In questo senso "La commedia di Charleroi", con la sua lingua intensa, oscillante tra lucidità e follia, è emblematica di uno scrittore che, al di là di ogni etichetta politica, ha fatto della propria opera e della propria sofferenza la testimonianza tragica del disagio di un'intera generazione. Introduzione di Attilio Scarpellini.
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Dettagli

2014
15 maggio 2014
253 p., Brossura
9788876254598

Valutazioni e recensioni

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ton
Recensioni: 2/5

Sono rimasto deluso: forse mi aspettavo un altro libro, altre storie, qualcosa di simile a grandi classici del genere (Niente di nuovo sul fronte occidentale, Un anno sull'altipiano, Addio alle armi, etc.), giusto per capire di che che cosa sto parlando. E invece in questi racconti di reduci, familiari, conoscenti e sconosciuti mancano di capacità coinvolgente oltre a mostrare aspetti perlomeno discutibili. Forse il primo racconto "La commedia di Charleroi" che da il titolo al libro" ha quel qualcosa di più degli altri, ma nell'insieme il volume non mi pare meritevole: sconsiglierei.La cosa più bella per intensità e richiami che suscita è la bella copertina.

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Fabio Ponzana
Recensioni: 1/5

Ci sono persone che neppure di fronte all'Orrore riescono a comprendere l'idiozia delle proprie convinzioni. La Rochelle era una di queste persone. I racconti qui presenti, nessuno escluso, abbondano di allusioni malevole ad ebrei, di autoincensamenti classisti, di odi al nemico fraterno (?) tedesco. L'illusione decisamente protofascista di La Rochelle risulta fuori luogo, e decisamente disgustosa, nell'ambito di un teatro di guerra. Lo stile è roboante ed epico, ma il cuore è assente. Chissà se dopo aver collaborato con i nazisti nella seconda guerra mondiale, prima di suicidarsi col gas, La Rochelle avrà pensato che di fronte alla morte, forse, gli uomini sono tutti uguali? Ne dubito.

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alida airaghi
Recensioni: 4/5

Di Drieu La Rochelle avevo letto con ammirazione, anni fa, "Racconto Segreto", una sorta di diario tragico e lucidissimo in cui registrava le sue riflessioni sul suicidio, e sulla sua irrevocabile e meditata decisione di darsi la morte (cosa che puntualmente avvenne nel 1945). Ora l'editore Fazi ristampa questi sei racconti pubblicati per la prima volta in Francia nel 1934: un percorso insieme ebbro e rabbioso tra le trincee, il sangue e le disillusioni provocate nella popolazione europea dalla ferocia della prima guerra mondiale. Racconti forse non eccezionali, ma scritti con lo stile asciutto ed elegante proprio dell'autore francese, e rivelativi della sua ideologia, assolutamente e quasi orgogliosamente reazionaria, elitaria, di chi si sente superiore non solo alle masse, ma addirittura alla Storia, quando questa non riesce ad essere all'altezza delle aspettative che ha creato, quando abdica a ogni onore e decenza. Drieu La Rochelle, collaborazionista e simpatizzante per il nazismo, misogino e fanatico, sembra prendere a pretesto in questi racconti l'epopea di un disastro umano, per gridare violentemente tutta la sua indignazione contro ufficiali vigliacchi e impreparati, truppe codarde, bellimbusti che si fanno esonerare dal combattimento, reduci vanagloriosi e disertori senza pudore: "l'umiliazione di tutta quella mediocrità fu per me il peggior supplizio della guerra". Orrore e disprezzo per i vinti e gli sconfitti ("la massa che ama la propria miseria è sempre pronta ad accogliere nuove miserie?", "Ipocriti, tranquilli, assaporavano la loro piccola vita") e, più in generale, per "la bruttezza, questa malattia dei nostri giorni". Pena, tuttavia, per i corpi giovani portati al macello, per lo squallore di agonie vissute nel fango: ma soprattutto per l'eroismo che gli veniva negato: "Mi ero levato, levato tra i morti, tra le larve...Ero dunque io, quel forte, quel libero, quell'eroe. Era dunque la mia vita, quell'ebbrezza che non si sarebbe mai fermata..."

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(Parigi 1893-1945) scrittore francese. Combattente durante la prima guerra mondiale, più volte ferito, fece parte di quella schiera di intellettuali sconvolti dall’eccidio bellico e tuttavia attratti dal fascino dell’azione. Formatosi su autori come Claudel e Barrès, lasciò in alcuni saggi (Misura della Francia, Mesure de la France, 1922; Il giovane europeo, Le jeune européen, 1927; Ginevra o Mosca, Genève ou Moscou, 1928) la traccia di una tormentata ideologia, ispirata a un acceso nazionalismo e alla riproposta, densa di ragioni polemiche, dei valori umanistici compromessi dal più recente corso della storia. D. la R. finì con l’approdare a posizioni apertamente reazionarie, con l’aderire al partito di Doriot e col farsi, durante la seconda guerra mondiale, paladino della collaborazione con...

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