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scheda di Borsella, V., L'Indice 1994, n. 6
Fermare per un attimo l'inafferrabilità di Roma: questo il proposito di Claudio Velardi, che, attraverso le conversazioni con Manfredo Tafuri, Sergio Quinzio, Raffaele La Capria, Sabino Cassese e Francesca Archibugi, cerca di ricostruire alcuni dei volti di una metropoli che lotta per non smarrirsi nella propria foresta urbana, che vuole mantenere la propria identità di città.
Per Tafuri, romano di nascita ma ormai veneziano elettivo, non si può più parlare in alcun modo di città: il progetto urbano non è quasi più rappresentabile, se si eccettuano alcune zone che si vogliono studiare e si schematizzano per questa funzione. Con un percorso storico che ripercorre la pianta romana e le successive interpretazioni seicentesche, le regolarizzazioni sabaude e gli interventi fascisti, il dialogo tra Velardi e Tafuri si amplia sempre più, includendo Venezia e le metropoli americane nelle considerazioni urbanistiche. Punto di partenza di questa conversazione che non vuole confortare ma solo offrire spunti di riflessione è il seguente: non c'è identità possibile, nulla è possibile racchiudere. Il libero arbitrio della città per evitare la propria spersonalizzazione consiste solo nel lasciare aperto l'aperto. Nella conversazione con Quinzio, preponderante è la parte dedicata alla figura del Papa e al suo rapporto con la romanità, dalle nobili figure ecclesiastiche del secolo scorso a questo "straniero" che si è romanizzato modificando i confini dello spirito cattolico, diffondendo la tradizione proprio grazie al suo sforzo di trasmetterla molto lontano. Ma Quinzio lascia spazio anche ai suoi ricordi di giovane ligure a contatto con una realtà ostile, dalle rigide classi sociali, che lo spingeva a riflettere sul senso dell'emarginazione e gli toglieva la voglia di lottare per affermarsi: emerge una Roma postbellica, neorealista, rivissuta attraverso gli occhi e i sentimenti di allora. Altri ricordi, altre immagini sono quelle evocate dalle parole di La Capria: è il fermento intellettuale degli anni cinquanta, i dibattiti nei caffè, le discussioni ai ristoranti, i lavori alla Rai in cui si incontravano i futuri grandi nomi della cultura italiana, gli alloggi in via Margutta fra Truman Capote e gli arrivi improvvisi di Marlene Dietrich. Un amore grande, quello di La Capria per Roma. La sua grande speranza è che Roma ritrovi lo Spirito Primario, come ama definirlo, ovvero si ricordi di essere capitale, e sia capace di essere, ancora una volta, guida morale. Altro passo indietro nel tempo e nei ricordi, altra lente storica da cui attingere informazioni sulla città: è quella di Cassese, che ricostruisce minuziosamente l'impostazione politica e le relazioni con le amministrazioni locali dall'epoca di Giolitti, esaminandone anche i problemi attuali. Non si ferma alle laconiche constatazioni: ben conscio delle possibilità di azione e della necessità di intervento, presenta proposte e soluzioni, evidenziando allo stesso tempo con concreto realismo gli ostacoli e i ritardi che i progetti inevitabilmente portano con se. L'importante per lui è operare mirando alla salvaguardia del crogiuolo culturale che Roma rappresenta.
Una romana di nascita, l'unica tra gli intervistati, che per sopravvivere ha dovuto andarsene da Roma: e ciò che descrive Francesca Archibugi nella sua intervista, "piccolo atto d'amore" per la città. Comunica rumori, odori, folate di vento di un luogo che l'ha profondamente formata e in cui spera di tornare, ma che ora è ai suoi occhi incattivito, ha perso la propria autenticità, ha dimenticato la dimensione umana, quella dei bambini che non trovano più posti per i giochi. Meta, obiettivo, destino che sembra auspicarsi attraverso queste pagine è quello della ricostruzione di un'identità simbolica, in cui le radici comuni dell'identità italiana possano confrontarsi e mescolarsi per essere nuovamente, proficuamente produttive, perché Roma possa finalmente diventare "communis patria, spazio di libertà, di unità che non opprime", in un lavoro di tutti per cui tutti possano godere dei risultati.
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