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Al tempo in cui la psicoanalisi era ancora una curiosità, la protagonista di questo romanzo – donna di trascinante simpatia e vivezza – si stabilisce in una casa di cura perché un giovane analista le ha spiegato che soffre di un «complesso del denaro». Ma la paziente a tutto pensa salvo a prendere sul serio l’idea di curarsi. Stare in clinica significa per lei innanzitutto sfuggire per qualche tempo ai creditori, nell’attesa che si creino nuovi debiti e soprattutto che si manifesti quell’essere di cui, con fulminea percezione psicologica, ha colto tutta la potenza: il Denaro, appunto. Gli altri pazienti che la circondano (e presto saranno contagiati dalla sua dottrina) le appaiono tutti guaribili, più che con qualche sommovimento dell’inconscio, con una opportuna somministrazione di Denaro. Come Groddeck in una memorabile serie di «lettere a un’amica» aveva raccontato le avventure e i capricci dell’Es, così Franziska zu Reventlow ha tracciato con penna leggera e pungente, nelle lettere a un’amica che compongono questo romanzo, alcuni esilaranti capitoli dell’epos di quella potenza parallela, non meno duttile ed elusiva. È una storia di beffe, sogni e desideri, che ruota intorno a eredità, banche, fallimenti, casinò, imprese truffaldine come intorno ad altrettanti pianeti della psiche. L’inverosimile vicenda è puntualmente autobiografica. Pubblicato per la prima volta nel 1916, questo è il primo romanzo che viene tradotto in Italia di Franziska zu Reventlow, figura affascinante, audace e ironica della Monaco di Wedekind, di Klages e di George.
REVENTLOW, FRANZISKA ZU, Il complesso del denaro, Adelphi, 1983
MORO, BENIAMINO, Il funzionamento di una economia monetaria, Giuffrè, 1983
GRAZIANI, AUGUSTO, Teoria economica. Macroeconomia, Esi, 1981
recensione di Bellofiore, R., L'Indice 1986, n. 1
In un romanzo degli inizi di questo secolo, e tradotto qualche anno fa in italiano ("Franziska zu Reventlow", "Il complesso del denaro", Adelphi Milano 1983, trad. dal desco di Renata Colorni, pp. 128, Lit. ¢.000) la protagonista vive nella costante dipendenza psicologica da quell'entità astratta e potente, il denaro appunto, che solo le può permettere di condurre con tranquillità la vita e più le aggrada. Nel corso del romanzo, peraltro, la sua speranza di prendere possesso stabilmente dell'oggetto del proprio desiderio, mediante una incerta eredità, finirà con l'andare delusa, ed il lettore rimane all'oscuro di quale sarà il destino finale a lei riservato. Con le cautele necessarie in ogni analogia, si può dire che non molto dissimile appare la vicenda della teoria marginalistica più rigorosa, quella dell'equilibrio economico generale, da anni tesa senza successo ad integrare la moneta nel proprio ragionamento essenzialmente reale. Difatti, al cuore della rappresentazione del processo economico proposto da questa scuola di pensiero sta la separazione tra trattative e scambi i quali si effettuano simultaneamente una volta raggiunta la posizione di equilibrio. Ciò ha reso particolarmente intrattabile la desiderata estensione di questa impostazione ad una economia capitalistica, e quindi monetaria. Perché gli operatori dovrebbero detenere scorte di moneta, se gli scambi altro non sono che un enorme baratto? Ma anche supponendo che gli scambi si effettuino prima che sia esaurita la fase delle trattative, e immaginando eroicamente che gli agenti detengano moneta, nonostante il suo valore sia nullo alla fine del mondo, per far fronte all 'incertezza sul quando e quanto riceveranno in pagamento o spenderanno, si rimane in ogni modo all'oscuro sul come tale moneta sia stata creata ed introdotta nel processo economico (per una analisi dettagliata di questi problemi, si veda Beniamino Moro, "Il funzionamento di una economia monetaria", Giuffrè, Milano 1983, pp. 201, Lit. 12.S00).
Contro uno stato di cose non molto diverso Keynes già nel 1933 proponeva la costruzione di una "teoria monetaria della produzione, in cui "il corso degli eventi non potesse essere previsto, nel lungo come nel breve periodo, senza una conoscenza del comportamento della moneta nello stadio iniziale e in quello finale" In una vera economia monetaria le decisioni degli imprenditori sono indipendenti dal loro reddito (grazie all'accesso al credito), irreversibili determinate dalle loro aspettative, e impongono livello di occupazione e reddito reale ai lavoratori. Agli aspetti monetari della teoria di Keynes si rifanno oggi molti dei filoni più promettenti della teoria economica: dai post-keynesiani di Cambridge (divisi tra chi come Kahn e la Robinson, hanno sviluppato soprattutto la teoria dell'interesse fondata sulla preferenza per la liquidità, e chi come Kaldor, ha sviluppato una originale teoria dell'offerta endogena di moneta a post-keynesiani americani (Kregel, Davidson e Minsky quali sottolineano l'incertezza dovuta alla natura soggettiva delle decisioni in condizioni spesso uniche ed irripetibili e l'instabilità del processo capitalistico), ai teorici del circuito (i quali sottolineano la natura creditizia della moneta che nasce dal finanziamento alla produzione e svolgono una analisi sequenziale del processo economico). Una rigorosa ma chiara introduzione al pensiero di Keynes, alla macroeconomia monetaria che lo precede ai dibattiti successivi, è quella di Augusto Graziani, "Teoria economia. Macroeconomia", 3| ed. riveduta e ampliata, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli I981, pp. 619, Lit. 18.000). La rivista "Studi economici" (Angeli, Milano) contiene spesso articoli di teorie appartenenti a questi diversi, eterodossi, approcci.
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