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Gianrico Carofiglio, nel suo "Breviario di scrittura civile" affronta il tema, antico, ed in Italia attualissimo, dell'uso del linguaggio come strumento di potere. Qualsiasi cittadino italiano, di qualsiasi classe sociale, è stato esposto alla protervia del burocratese, ovvero all'uso di una lingua solo apparentemente colta, in realtà sciatta e arcana, quando astrusa ed incomprensibile, usata come strumento per mettere in soggezione il cittadino. Una lingua che sembra progettata per far sentire chi vi è esposto inferiore, suddito, soggetto ad un potere imperscrutabile ed incomprensibile. Ottimo come stimolo di riflessione sulla nostra scottante e complessa attualità.
Un vero saggio: molto interessante e estremamente attuale e chiaro.
Concordo con il messaggio fondamentale: chi è a capo delle istituzioni, in particolare in ambito giuridico e politico, non dovrebbe usare un linguaggio oscuro e contorto; spesso dietro ad esso si nasconde, infatti, l'impreparazione della classe dirigente, tentativi di manipolazione o modi per mantenere i propri privilegi. Ho qualche perplessità sulla parte iniziale del libro, è vero che "formulare un'affermazione comporta un impegno di verità e correttezza nei confronti dei destinatari" e "alla perdita di senso dei discorsi consegue una pericolosa caduta di legittimazione delle istituzioni" ma la democrazia si fonda soprattutto sui fatti e sul rispetto delle altrui idee: possibile che il corpo elettorale sia formato da un gregge di pecore che votano in base agli slogan e non ai programmi? O che quando perde il tuo partito è solo xché, nonostante la superiorità ideologica, morale, intellettuale,ecc... i suoi leader non sono abili comunicatori? A parte ciò, lodevole tentativo x riportare l'attenzione sul cittadino, destinatario di norme, regolamenti, informative: ha il diritto di conoscere, capire, partecipare alla vita pubblica.
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