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Staiti, deputato missino in più legislatur, nella sua "confessione" descrive con molto spirito autocritico tanto personale quanto verso il suo partito e verso la sua corrente (Romualdiana).Mette in evidenza il punto debole di quella corrente, cioè il tentativo di conciliare il realismo politico con la insita vocazione antisistema. Non mancano i passaggi che lo hanno visto protagonista di una mondanità all'epoca caratterizzata da personaggi oggi non più immaginabili. Non passano inosservate anche le frecciate verso un sorgente Berlusconi del quale dirà in seguito che la sua alleanza avrebbe portato alla disintegrazione della Destra. Non si sbagliava.
Una spietata analisi della politica italiana dagli anni '60 alla seconda Repubblica fatta da un "fazioso", uno dei pochi che trasuda realismo e coerenza. Un toccante ritratto di un'epoca ormai passata ed irrimediabilmente persa, quella in cui la politica era passione ed, ahimé, anche lotta e sangue. Sicuramente da leggere per capire molte cose che spesso rimangono chiuse nel castello dell'ipocrisia del qualuquismo che attanaglia la nostra nazione.
Recensioni
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L'autore è stato deputato missino per alcune legislature e talvolta il suo nome è ricorso nelle cronache politiche a proposito di alcuni suoi atteggiamenti pubblici ispirati al codice aristocratico. Il libro è diviso in due parti. La prima corrisponde alla giovinezza di un gaudente viveur con vacanze a Portofino in compagnia di noti sciupafemmine e belle donne. Lentamente s'insinua l'impegno politico con le prime cariche nella federazione missina di Pavia prima e di Milano poi. Senza voler essere per forza velenosamente terzinternazionalisti pare che la scelta neofascista dell'autore sia stata dettata dall'istinto di classe: il (neo)fascismo come migliore e più affidabile braccio armato dei ricchi e gaudenti utenti dei bar di Portofino. Insomma "Sapesse contessa…". Comunque è questa almeno per il cronista la parte più interessante dal momento che ricorrono i nomi di politici come Almirante Pino Romualdi Rauti per finire a quelli odierni e allora in erba (La Russa Fini ecc.). Naturalmente non mancano i giudizi secchi come quello su Rauti "un Robespierre in pantofole arido opportunista". Il libro è interamente percorso da una vena nostalgica in cui si contrappone la statura politica della vecchia classe dirigente della destra sopravvissuta alla Rsi a quella attuale ormai imborghesitasi fra segreterie ministeriali e cariche pubbliche. Una nostalgia che peraltro sembra scaturire dall'incrocio fra il politico in pensione e l'aristocratico.
Francesco Germinario
Militante del MSI a sedici anni, consigliere comunale a Milano, parlamentare, membro della segreteria del partito, Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse, classe 1932, appartiene alla generazione che ha vissuto in prima linea la politica italiana dagli anni Cinquanta agli anni Novanta. Il suo diario fazioso è il viaggio di un'intelligenza acuta e brillante attraverso il fascismo e il dopoguerra, il Sessantotto e gli Anni di Piombo, la «Milano da bere» e Tangentopoli, la crisi della Prima Repubblica e la nascita della Seconda. «Fascista» per convinzione e non per convenienza, nella sua confessione racconta, senza fare sconti, l'evoluzione della destra italiana: da Almirante a Fini, passando per Michelini, Rauti, La Russa, Alessandra Mussolini, Alemanno. Pochi scampano alla penna tagliente di Staiti, che li ha visti tutti da vicino e ne conosce ambizioni e trame politiche, miserie e virtù. C'è, in queste pagine, tutta la rabbia di un fazioso che confessa di aver creduto nella politica degli ideali e che l'ha vista trasformarsi «nella politica fatta dai giullari dello strapotere economico». è la confessione di un «fascista» che piacerà anche a sinistra.
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