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Dire che il cosmopolitismo è un orientamento culturale secondo cui tutti gli individui sono cittadini di un'unica patria (da kosmopolìtēs, cittadino del mondo), fondato sul rifiuto delle rigide distinzioni tra nazioni ed etnie e sull'attenzione ai problemi delle diverse culture presenti nel mondo, significa porre una definizione che, nella sua genericità, lascia intravedere quali e quanti intricati temi di carattere teorico il concetto porta con sé. Proporne una genealogia complessa attraverso una lunga escursione storico-ricostruttiva che muove dalle radici filosofiche risalenti alle scuole cinica e stoica, per fissarsi su due fasi topiche della storia moderna, quella umanistico-rinascimentale, che consacrò l'uso attuale del termine, e quella settecentesca, in cui il cosmopolitismo fu modello di riferimento e di autodefinizione della cultura dell'Illuminismo, ha comportato per Scuccimarra il tentativo di consegnare la massima profondità alla questione. Si tratta di una ricerca condotta con gli strumenti della cultura politologica, l'unica forse in grado di tenere insieme tante e così diverse modalità assunte dal tema, isolando un percorso tutto racchiuso nella riflessione di alcuni grandi intellettuali e che si fissa principalmente sul tratto della storia moderna. Questa operazione di architettura del pensiero politico fornisce preziose indicazioni, utili anche a chi intendesse indagare il tema nei suoi nessi concreti con la politica e con le forme dell'azione intellettuale. Per il Sei-Settecento, ad esempio, il cosmopolitismo assume una valenza specifica anche in rapporto ai valori laici, quali la liberà di pensiero, la tolleranza e l'utilità pubblica, la lotta al fanatismo e alle superstizioni, cose che risultano marginali in questo libro, non per un difetto intrinseco, ma per una precisa scelta di campo.
Dino Carpanetto
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