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Questo volume affronta in maniera insolita, almeno per il panorama italiano, un argomento di grande impatto sociale: i consumi dei poveri. La popolazione a basso reddito, infatti, è per lo più studiata in una prospettiva quantitativa (chi e quanti sono i poveri, di quanto denaro dispongono, quanto ne spendono e per comperare cosa) che poco ci dice, ad esempio, sulle strategie di consumo e di risparmio o sulle reti di scambio e di reciprocità. Nelle ricerche qui riportate, invece, si è privilegiata un’ottica di tipo qualitativo, allo scopo di oltrepassare il diffuso stereotipo secondo il quale i poveri sarebbero esclusi dalla possibilità di scegliere beni e pratiche della loro esistenza. Volti inediti della povertà sono così emersi dall’analisi delle routines della vita quotidiana e dell’uso concreto degli oggetti e dei contesti domestici, dallo studio dei comportamenti legati ai media, dall’osservazione dei luoghi deputati a fornire risposte ai bisogni necessari, come le mense, le comunità alloggio, i centri di aiuto religiosi, gli sportelli di distribuzione di cibo e abbigliamento. Applicando metodologie di ricerca innovative – la sociologia visuale e le interviste con foto stimolo, le prolungate osservazioni etnografiche, i racconti di vita – gli autori hanno mostrato come, pur in presenza di forti vincoli materiali, culturali e relazionali, le persone non rinuncino mai del tutto a costruire creativamente relazioni e identità. Anche chi vive una condizione di consumo difettoso o mancante, sempre più spesso percepita come una condanna sociale, riesce ad attuare strategie alternative al mercato attraverso il risparmio, il dono e lo scambio, gli impieghi innovativi di oggetti e spazi a basso costo. In tal modo si riconferma il potenziale identificativo delle pratiche di consumo non solo per chi occupa posizioni già garantite, ma anche per chi, pur disponendo di risorse limitate, cerca di usarle per legittimare insieme la propria cultura e la propria esistenza.
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