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Forse non è grande letteratura, ma ci si diverte molto. Amiche per via dei figli iscritti alla stessa scuola materna, Carol, Helen e Gillian, sono rimaste in contatto anche ora che i loro tre figli maschi ormai grandi, trentaquattrenni, hanno lasciato il sobborgo, dove le famiglie si erano trasferite trent'anni prima per allevarli in una dimensione meno complicata della metropoli, per vivere a Londra, e, impercettibilmente, sono come svaniti dalle loro vite. Attorno a un tè, il giorno della festa della mamma, le tre amiche constatano la distanza e il silenzio che si sono creati fra loro e i figli: non un biglietto, non una telefonata. Fedele al cliché della madre ebrea impicciona, che a orecchi italiani suona molto familiare, William Sutcliffe (nato nel 1971, qui al suo quarto romanzo) prova a far collidere tre madri e i loro tre figli, all'improvviso, inaspettatamente. Matt, Paul, e Daniel, conducono tre vite molto diverse, Matt è caporedattore di una rivista grottescamente glamour: "Bocce!"; Paul coabita con il fidanzato insieme ad altri amici; Daniel si è trasferito a Edimburgo, a rimuginare su un amore svanito. Tutti e tre ricevono una visita delle rispettive madri, senza preavviso, fornite ciascuna di una valigia, decise a restare una settimana, per capire le ragioni di una lontananza che sembra irrimediabile e alla quale non vogliono arrendersi. Il punto più debole del romanzo è che le tre vite dei figli hanno ciascuna un'impronta di futilità e irrisolutezza che, certamente, non potrà che essere risolta dall'intervento materno, ma lamentarsene sarebbe un po' come desiderare dei libri gialli che non rivelino l'assassino. La delicatezza e l'intelligenza del testo sta però nel come, a queste risoluzioni, si arriva, e nella sincera messa in scena di sei caratteri verosimili, complessi, mai meccanici. Il rapporto madre-figlio, poi, è molto ben esplorato, anche nei suoi caratteri misteriosi. Inoltre si ride: tutto il testo, articolato in una struttura apparentemente regolare, ma in realtà percorso da continui scarti di direzione, è messo al servizio del riso, nei toni più diversi. Con Contento tu Salani, forte dell'esperienza nella letteratura per l'infanzia e per l'adolescenza, continua a esplorare una letteratura dal canone ancora incerto, rivolta a una fascia d'età superiore, di cui il libro di Sutcliffe, purtroppo sfavorito da una copertina banale, è un ottimo esempio. Federico Novaro
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