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La sociologia non è una semplice scienza documentaristica (prefazione), e non si studia solo sui testi, bensì partecipando al reale, in una continua interrogazione.I temi qui affrontati sono vari: la memoria come continuità; la sociologia che non voleva essere una scienza dei manichini, ricorrendo al concetto di possibilità (Abbagnano) e quindi la scelta in base al progetto; Sociologia e Letteratura; Il professore e il politico: per inventare nuovi modi di rappresentanza; La condizione giovanile: nella cultura che ha un valore in sé (non utilitaristica) con la frustrazione e la violenza di chi non arriva ai (o viene escluso dai) cosiddetti "modelli" di successo, denaro, etc.. Manca l'universalità in quel che Ferrarotti definisce "praticismo inerte", serve una conversione, la metànoia (à la Simon Weil).Poi, sociologia della comunicazione: occorrono dei "filtri" per evitare che il sapere diventi confusione o anarchia (Eco) e pure che la scuola crei "comunità ermeneutiche" (R.Luperini), anche perchè la logica dell'audiovisivo toglie l'antefatto e provoca indifferenza ai contenuti (idots savants: Flaubert). Siamo divisi tra otium e negotium, in una società iperproduttivistica e cronofagica, frammentata con costruzioni sintattiche "paratattiche" in cui prevale la copula "e" in cui succede questo e questo per cui alla réclame del dentifricio segue la notizia di un massacro in Iraq: l'individuo sta a guardare, viene fagocitato e quindi paralizzato, senza poi dire della dimenticanza. Bisogna rivalutare il passato, la memoria è la base della nostra identità. La morte nella società tecnicamente progredita che si nasconde, va rimossa. L'agire: serve il bisogno del sacro nell'immanenza del mercato, con scientisti che credono che si possa rispondere a tutto. L'etica è una tecnica di convivenza, tra valori astorici (religiosi) e valori storici da raccordare con l'esperienza. L'etica per Ferrarotti va quindi storicizzata, conseguendo anche la relativizzazione.
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