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La corsa di Billy - Patricia Nell Warren - copertina
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corsa di Billy

Descrizione


Pubblicato per la prima volta nel 1974, La corsa di Billy è stato il primo romanzo gay a diventare subito un libro di culto, ottenendo un grandissimo successo internazionale.

«La più famosa storia d’amore gay mai narrata» - The New York Times

«Commovente e monumentale. In confronto Il giovane Holden e Il signore delle mosche sembrano Mary Poppins» - The New York Times

«Un romanzo rivoluzionario e sconvolgente» - San Francisco Chronicle

«Ti tiene inchiodato al libro dall’inizio alla fine» - Los Angeles Times

«Un libro che dovrebbero leggere tutti coloro che hanno una coscienza politica: un’esperienza illuminante» - The Village Voice

A metà degli anni Settanta, l’allenatore Harlan Brown viene cacciato dalla prestigiosa Penn State University per sospetta omosessualità. Perde tutto – famiglia, lavoro, amici –, e trova rifugio dal suo passato e da se stesso in un piccolo college di New York, dove cerca di mascherare il proprio conflitto sessuale con un’esistenza il più spartana e conformista possibile. Si è fatto una promessa che ha intenzione di mantenere: non innamorarsi mai più di un uomo. Ma la sua vita viene nuovamente sconvolta quando tre giovani atleti si presentano nel suo ufficio: l’esuberante Vince Matti, il timido Jacques LaFont e il ventiduenne Billy Sive, un potenziale grande talento per i diecimila metri. Vittime a loro volta di discriminazione sessuale, non vogliono rinunciare ai propri sogni. L’uomo è profondamente diviso: se accetterà di allenarli, alimenterà i pettegolezzi su di lui, ma i tre hanno stoffa e questa potrebbe essere la sua ultima occasione di puntare in alto. Alla fine, poste condizioni ferree, accetta di prenderli sotto la sua ala. Harlan è subito affascinato dal talento di Billy e capisce che il ragazzo ha le qualità per partecipare alle Olimpiadi di Montréal del ’76. Quando, molto presto, la sua ammirazione si trasforma in una sensazione che non provava da anni, deve fare la scelta più difficile della sua vita: combattere i propri sentimenti o uscire allo scoperto e sfidare l’ultraconservatore establishment sportivo, rischiando di far sfumare per sempre il sogno olimpico dei tre ragazzi. Amore, passione e lotta politica si fondono così in un crescendo di tensione, fino all’esplosivo finale, giocato sullo spettacolare palcoscenico olimpico.
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Dettagli

2017
12 gennaio 2017
332 p., Brossura
9788876258954

Valutazioni e recensioni

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danila
Recensioni: 5/5

Coinvolgente dall’inizio alla fine. Veramente bello!

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matteo
Recensioni: 5/5

Uno dei libri più belli che io abbia letto nella mia vita,un libro che divori in poche serate e che fa riflettere molto e fa aprire la mente.Consigliatissimo!!!

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n.d.
Recensioni: 5/5

La corsa di Billy, libro di culto americano per le lotte dei diritti civili degli anni’70, nonché opera prima dell’autrice Patricia Nell Warren, è un libro che non si dimentica. Ti scava dentro. Nelle sue 331 pp. mette insieme quella che è stata una generazione, quello che è stato lo sport (e che in parte lo è fortemente anche ora!), quelli che sono i sentimenti, insieme a politica, lotte sociali, conquiste di civiltà. La storia racconta di Harlan Brown, allenatore sportivo allontanato per sospetta omosessualità dalla Penn State University. Questa infelice svolta nella sua vita gli fa perdere tutto – la famiglia (padre di due figli, e di una moglie il cui amore è vicendevolmente non corrisposto), gli amici, il lavoro – e per reagire a ciò Harlan decide di condurre una vita lontano dai piaceri, conformista, e ogni suo agire diviene contenimento, fuga, assenza di sé, o meglio negazione di quello che in realtà – più o meno consapevolmente – sa di essere. Cosa deve fare Harlan per non avere problemi? Deve semplicemente (..si fa per dire!), non innamorarsi più di un uomo. La quiete viene minata dall’arrivo a Prescott, dove è stato ingaggiato come insegnante, di tre giovani atleti cacciati dalla squadra sportiva dell’Università dell’Oregon perché gay. I tre atleti sono Vince Matti, Jacques la Font e Billy Sive, e sin dalle prime battute iniziali si capisce che l’arrivo di queste tre nuove promesse dell’atletica sono l’ultima speranza, sia per Harlan per arrivare a risultati soddisfacenti come allenatore sia per i tre ragazzi, che come tre uccelli caduti dal nido chiedono protezione, una casa, delle regole e dei consigli per migliorare le proprie prestazioni. Harlan combattuto con se stesso accetterà con più di qualche riserba – in fondo al cuore – di seguire i giovani. Il pregio dell’autrice non è tanto quello di aver confezionato una storia, dalla trama seppur interessante, ma è stata quella di raccontarci dettagliatamente cos’è il mondo della corsa: «[…] I corridori sono gli atleti che vantano la migliore forma fisica e mostrano meno pudicizia in assoluto. Hanno una vera e propria passione per il corpo e passano il tempo a ragionare su come il corpo risponde all’allenamento, o su come non risponde. Come vecchie signore, parlano ossessivamente dei malanni e delle malattie e di come vanno di corpo e della carenza di minerali. La fisiologia intriga più loro che i sessuologi. Si vantano persino di essere gli amanti migliori, perché hanno i muscoli dei glutei più forti di tutti. Il loro bisogno fisiologico di correre è tale che, nell’impossibilità di farlo, si arrampicano sui muri come dei tossici. Gli stessi ormoni sono strettamente connessi con l’energia che zampilla da loro: gli ormoni maschili con la potenza, quelli femminili con la resistenza. Un corpo maschile è bello da guardare solo se è in forma, se ha una muscolatura armoniosa. Ne consegue, come la notte dal giorno, che nell’ambiente sportivo l’omosessualità è frequente come in qualsiasi altro ambiente della società americana, anzi, forse di più. Eppure si continua a fingere che lo sport sia il solenne santuario del maschio etero americano […]». Come i conflitti interiori logorino l’anima di chi sentendosi ingiustamente sbagliato si mette continuamente in discussione: «Non passò molto tempo prima che anch’io conoscessi quel senso di smarrimento e di rabbia soffocante che provano i gay. Eravamo animali da preda. Ammassati nel buio sottosuolo, come cristiani nelle catacombe, proteggevamo la piccola fiamma della nostra fede sessuale. Quale probo imperatore avrebbe emesso l’editto che ci consentiva di uscire alla luce del giorno? Che male facevamo? Gli assassini e i ladri fanno del male alle persone, noi non facevamo del male a nessuno, salvo forse, confusi e pieni di sensi di colpa irrisolti com’eravamo, a noi stessi». Di raccontarci del rapporto con la fede, con ciò che è il sacro, con chi malignamente cerca con l’obiettivo di creare distanze di confondere – facendo revisionismo – a proprio piacimento: «Ogni domenica frequentavo la piccola chiesa del Discepolo Diletto sulla Quattordicesima Strada, dove pregavo disperatamente. Non chiedevo il miracolo di tornare eterosessuale, ma di comprendermi e accettarmi completamente. L’omosessualità mi ero reso conto allora, non era solo una questione di sesso: era uno stato mentale. La società mi aveva bollato come un malato, ma io ero convinto di essere arrivato all’omosessualità per un’inclinazione naturale. Nelle mie preghiere chiedevo qualcuno da amare, e una maniera meno venale di procurarmi da vivere. Il Vangelo di San Giovanni mi sul Suo petto. Non potevo pensare che Gesù avesse meno compassione per i gay che per i ladri, verso i quali si mostrava così gentile». La Warren fa anche telecronaca, ci fa vivere le lotte dei giovani gay americani – che attraverso la storia di questi atletici e soprattutto di Billy prende coraggio, decide di uscire allo scoperto, fa sentire la propria voce, non solo fuori dallo sport, ma anche internamente tra avversari su una stessa pista –, racconta dei mutamenti politici e sociali, della conquista dei diritti, offrendo anche una propria analisi sociologica: «Il 7 febbraio 1975 accadde un fatto molto importante per noi. La Corte Suprema, con una maggioranza di sette a due, pronunciò l’ormai celebre sentenza sulla sodomia: vennero abrogate tutte le leggi che regolavano l’attività sessuale tra persone adulte consenzienti, sia etero sia gay, affermando che rappresentavano un tentativo incostituzionale di regolare questioni di ordine privato. Tale sentenza servì inoltre a puntualizzare che gli omosessuali rientravano nella legge contro la discriminazione, promulgata nel 1964. […] A differenza di quanto avvenne per l’aborto nel 1973, la stampa non sviscerò l’argomento della sodomia con largo anticipo rispetto alla sentenza. Quando la Corte giunse finalmente a deliberare sull’aborto, la maggioranza degli americani disponeva ormai di informazioni piuttosto dettagliate sui pro e i contro. La questione della sodomia, invece, era una delle centoventisei cause a ruolo iscritte quell’anno nel registro della Corte, e per l’americano medio arrivò come un fulmine a ciel sereno». La corsa di Billy è un libro completo. È un crescendo che pagina dopo pagina aumenta di intensità, la storia evolve di pari passo con il progredire della carriera atletica di Billy fino alle Olimpiadi di Montréal del ’76, per lasciare poi spazio in maniera avvolgente al sentimento del dolore, del pentimento, dell’accecante vendetta sopita per anni, in silenzio. Per nome non certo di Dio. Mi piace concludere questo libro, che tutti dovrebbero leggere per la liricità mista a disperazione raccontata, con una poesia di Alfred Edward Housman: Il giorno che hai vinto la gara per la tua città ti abbiamo applaudito sulla piazza del mercato. Uomini e ragazzi si fermavano ad acclamarti quando ti abbiamo portato a casa sulle nostre spalle. Ragazzo scaltro, sei fuggito per tempo dai campi dove la gloria non si ferma, Presto tuttavia nasce l'alloro e avvizzisce più in fretta della rosa. Ora tu non andrai a raggiungere la schiera di ragazzi il cui tempo degli onori è svanito, corridori che la loro fama ha superato e il nome muore prima dell'uomo. Intorno al capo subito cinto dall'alloro si raccoglieranno a guardare i morti senza vigore e fra le tue ciocche di capelli troveranno intatta una ghirlanda, piccola come di fanciulla. Grazie Billy. Grazie Harlan. Grazie Vince. Grazie Jacques. Grazie Betsy per il tuo atto di generosità. Grazie Patricia per averci regalato questa storia. Indimenticabile.

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