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Questo testo, che presenta 34 poesie di Abu Nuwas, con un corposo e fondamentale saggio introduttivo di Leonardo Capezzone, a cui si deve anche la traduzione e le note delle stesse, non è sempre di facile lettura, anzi richiede passione e attenzione per i molteplici argomenti trattati. Lo scenario è quello del primo periodo della corte califfale abbaside, dalla seconda metà dell'VIII sec.d.C. a buona parte del IX, con al centro la città di Baghdad.Un periodo gravido di profondi cambiamenti nella cultura e nella percezione di sé del mondo arabo-islamico. Una rivoluzione vera e propria, determinata in primis dal movimento di traduzione di testi greci, siriaci, persiani e indiani, autentici scrigni preziosi dell'antico sapere, nella lingua araba. Non una semplice trasmissione, ma una rivitalizzazione, una messa in discussione ed evoluzione delle antiche conoscenze. Un fermento che pervadeva non solo la corte ma tutti i luoghi, ed erano tantissimi, dove si produceva cultura. Uno dei principali "luoghi" culturali di questa dynamis lo si ritrova nell'ambito poetico, e in uno dei suoi più importanti esponenti, se non il più rilevante in assoluto: Abu Nuwas. Perché l'ambito poetico? Perché, nelle parole del Capezzone:"la poesia è quel luogo dello spazio culturale della città islamica classica in cui ogni fuga, ogni dissidenza, ogni eresia, ogni trasgressione è lecita-- purché sia detta secondo le austere regole del linguaggio poetico". "Luogo" culturale dove svolgevano un ruolo di primissimo piano delle interessantissime figure femminili, come Inan e Janan. E perché Abu Nuwas? Perché con lui nasce una nuova poesia, che distaccandosi dai canoni classici e nutrendosi di tutti i fermenti delle nuove conoscenze, approda ad una sorta di stilnovo pre-cortese, prima avvisaglia di quell'amore cortese che si andrà ad affermare pienamente in tempi successivi. A quest'ultimo succederà poi l'amore accettato giuridicamente, fonte di equilibrio per la coppia e la società nel suo insieme.
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