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Prima della guerra civile americana, tanto gli "abolizionisti" del Nord quanto i "secessionisti" del Sud si richiamarono allo spirito della Costituzione. Un secolo dopo, i promotori dell'estensione dei diritti civili si appellarono al principio costituzionale dell'uguale protezione garantita a tutti i cittadini, mentre i sostenitori delle ragioni del segregazionismo invocarono il rispetto dei diritti che la carta fondativa riconosceva ai singoli stati. Oggi il movimento del Tea Party ripropone ancora una volta il dibattito sull'"autentico" significato che si dovrebbe attribuire alla Costituzione: la nuova ondata conservatrice ha infatti riformulato la tesi "originalista", in base alla quale, tra l'altro, i tea-partiers non intendono riconoscere alla Corte Suprema il monopolio interpretativo sul "testo sacro" della nazione più di quanto non siano disposti ad attribuire al papa quello sulle Sacre Scritture. Per chi desideri comprendere meglio le dinamiche che hanno percorso tutta la tradizione politica americana, può dunque risultare utile leggere, o rileggere, la Costituzione. Il curatore di questa nuova traduzione, Fabrizio Tonello, offre inoltre al lettore un'ampia ed efficace introduzione storica, a partire dai dibattiti che animarono il paese subito dopo l'indipendenza. Il tono di questi dibattiti, secondo Tonello, appare oggi "giacobino": frequente era infatti la polemica contro "il prevalere degli interessi privati sul patriottismo", così come la polemica contro "l'esibizione del lusso, l'indebitamento, l'abbandono della religione, il libertinismo vero o presunto". Per descrivere l'andamento di quelle discussioni si potrebbe però anche parlare con buone ragioni di un carattere "moralistico", che per molti versi si è poi consolidato nella cultura politica statunitense, radicandosi, sia pure con differenze rilevanti, tanto sul versante conservatore quanto su quello progressista. Tra le considerazioni svolte dal curatore sono poi importanti, per mettere a fuoco l'arsenale concettuale alla base della Costituzione statunitense, quelle che riguardano i 55 delegati riunitisi a Filadelfia. Erano tutti maschi bianchi, spiega Tonello, prevalentemente di condizione agiata (avvocati, proprietari terrieri, finanzieri, giudici). Diciannove di loro erano altresì proprietari di schiavi. Un connotato ben più decisivo per la stesura del testo costituzionale fu comunque la loro elevata cultura. George Washington, ad esempio, pur non essendo in possesso di un'educazione universitaria, poteva vantare una biblioteca di 1.200 volumi. A Filadelfia erano continui i riferimenti al passato europeo: non solo per gli esempi tratti dall'esperienza dell'ex madrepatria, ma anche per gli ammonimenti a tenere conto di ciò che insegnavano la storia e il pensiero politico dell'antichità. Gli "antifederalisti" mettevano in guardia, in tale prospettiva, dal pericolo che l'America desse vita a un novello Cesare. Vedevano infatti profilarsi all'orizzonte una presidenza "monarchica", portatrice di un potere invasivo, come scrisse "Brutus" (significativo pseudonimo del delegato Robert Yates), che avrebbe aspettato "le signore sulla soglia della loro stanza da bagno" e non le avrebbe abbandonate "in nessuna delle loro preoccupazioni domestiche". Giovanni Borgognone
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