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John Searle, in Creare il mondo sociale, amplia la sua precedente teoria apparsa nel volume del 1995, La costruzione della realtà sociale (Edizioni di Comunità, 1996; cfr. "L'Indice", 1997, n. 7), aggiornando quindi il testo di riferimento dell'ontologia delle istituzioni. Searle sistema alcuni aspetti irrisolti, risponde ai critici e frena gli entusiasmi di chi della sua teoria ha estremizzato alcuni aspetti. Alla fine di un'elegante messa a sistema, l'analisi di intenzionalità, linguaggio e istituzioni viene inoltre applicata ai temi del potere politico e dei diritti umani.
Searle fa notare che molti filosofi e sociologi hanno ritenuto che la società si fonda sul linguaggio, senza tuttavia spiegare in che modo. Non occorre ricostruire la genesi storica del linguaggio, basta analizzarlo dal punto di vista logico: il linguaggio, a differenza del pensiero, può manipolare la struttura della sintassi, permettendo quindi di produrre falsità e finzione. Per cui se "pensare è naturale come digerire", parlare costituisce invece il Dna della cultura.
Dato che la società, come la natura, possiede una struttura intrinsecamente logica, non resta che estendere l'analisi formale dalle scienze naturali alle scienze umane. Si scopre così che ogni civiltà si fonda su una sola operazione logico-linguistica, la dichiarazione di funzione di status. La nota formula "X vale come Y in C" viene qui inserita in un più ampio contesto, divenendo solo una delle varie forme di dichiarazione di funzione di status, le quali possono essere applicate a se stesse generando istituzioni come il denaro, lo stato, il matrimonio e la proprietà. L'esistenza di tali oggetti istituzionali dipende da particolari strutture linguistiche a doppia direzione di adattamento: laddove le asserzioni descrivono e gli obblighi prescrivono, le dichiarazioni di funzioni di status invece prescrivono descrivendo. Così come Dio ha creato la luce dicendo "sia la luce", noi creiamo una corporation dicendo "sia la corporation".
Le istituzioni che compongono la società sono secondo Searle sistemi di regole costitutive che generano ragioni per l'azione indipendenti dai desideri (poteri deontici). Questi ultimi si fondano su credenze condivise da soggetti che cooperano secondo uno schema convenzionale (intenzionalità collettiva). A differenza di Donald Davidson, di Daniel Dennett e di quanto affermato dallo stesso Searle in Atti linguistici (1969; Boringhieri, 1976), nello schema di Creare il mondo sociale l'intenzionalità precede il linguaggio e il linguaggio precede la realtà istituzionale. Distanziandosi anche da cognitivisti e neo-meinongiani, Searle precisa che ogni istituzione ha un potere deontico, il quale, seppure generato dal linguaggio, dipende da un assenso intenzionale del soggetto. Contrariamente quindi a quanto sostenuto da Barry Smith, le istituzioni vanno distinte dalle conseguenze che non hanno alcun potere deontico, come una recessione economica. L'ontologia sociale risiede pertanto nel mondo invisibile dell'intenzionalità collettiva e non nel mondo visibile dei documenti scritti indagato da Maurizio Ferraris.
Searle mette anche in questione la filosofia del linguaggio che si è concentrata sugli aspetti sintattici della semantica senza carpirne il reale funzionamento: non facendo riferimento all'intenzionalità, le semantiche verocondizionali, a modelli o dei mondi possibili non possono spiegare la performatività del linguaggio. Così come l'intenzionalità precede il linguaggio, per Searle (a differenza di Grice, Lewis e Williams) il significato e il suo potere deontico precedono la comunicazione.
Grazie alla sua completezza, Creare il mondo sociale si pone quindi come il nuovo punto di riferimento dell'ontologia sociale, esponendo in modo chiaro e con linguaggio accessibile le complesse teorie logico-linguistiche che spiegano il funzionamento delle istituzioni sociali, politiche e culturali.
Ivan Mosca
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