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Per coloro che circoscrivono lo sport al calcio, alla formula 1 e al ciclismo, il suo nome forse non dice nulla. A tutti gli altri invece dice molto. Sonia Bianchetti è una delle massime autorità mondiali del pattinaggio artistico, in conseguenza dalla qualità del lavoro svolto da dirigente dell'Isu (Internation skating union) e dei risultati ottenuti. Dopo gli inizi da atleta, nel 1958 la Federazione italiana di pattinaggio le propone di diventare giudice. Nel 1964 il debutto ai Campionati europei di Grenoble e il primo impatto con certi metodi, quando un componente austriaco dell'Isu le chiede di favorire un atleta del suo stato. Cosa che Sonia si rifiuta di fare. Segue la nomina alla commissione tecnica. A lei si deve una lunga, vittoriosa, battaglia per l'abolizione delle figure obbligatorie, il cui primo parziale traguardo è raggiunto già nel 1967, (l'inizio dell'"era moderna per il pattinaggio artistico") con la decisione di rendere paritario il rapporto con lo stile libero. L'abolizione definitiva è decisa nel '90. Altre fondamentali riforme sono state quelle relative alla creazione di standard di valutazione e corsi di formazione e aggiornamento per i giudici. I manuali tecnici da lei redatti a partire dagli anni '70 sono tuttora - aggiornati - base formativa in sede Isu. La valutazione da parte delle giurie, in particolare nella danza, è spesso influenzata dalla reputazione degli atleti e dai risultati dell'anno precedente. Si aggiungano i casi di "National bias" (favoritismo nazionale) e "Bloc judging" (coalizione di giudici). Il libro, prima ancora che atto d'accusa, è una cronaca storica documentata. La storia professionale di una donna - di un dirigente del movimento sportivo internazionale - che non si è "adeguata" a certi metodi. Senza atteggiamenti gladiatori e con la consapevolezza che quando si lavora con l'unico fine di contribuire al progresso di una comunità, e lo si fa con onestà intellettuale e morale, gli ostacoli sulla strada saranno sempre presenti.
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