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Anno edizione: 2004
Anno edizione: 2019
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Romanzo paradossalmente circolare, nel senso che comincia con i due amici che si confrontano e così termina, con in mezzo...la follia nazista dall'ascesa alla caduta. Tutto accade sotto lo sguardo impotente e/o compiaciuto dei cattolici borghesi e di coloro che credono nella rinascita della Germania. Molto realistica la descrizione del "servizio" militare nell'esercito, motivo per cui gli editori rifiutarono il manoscritto. Non c'è da stupirsi di questo se si pensa alla grandezza della Prussia, che in epoca moderna veniva definita un esercito con uno stato e non viceversa. E'importante come nell'ultimo anno la Germania abbia voluto veramente ascoltare di sè qualcosa che prima si vergognava anche solo di sfiorare (penso al film tutto teutonico"La caduta"). Boell non è quello delle Opinioni di un Clown, assume qui il tono drammatico e non sarcartico delle sue opere sulla guerra,gettando i semi della sua critica alla società post-bellica, le cui mani sono ancora intrise del sangue dell'indifferenza-è il caso degli "ignari" contro i quali si scaglia l'invettiva finale dei protagonisti.Da segnalare le 15pagg introduttive,le liturgia contro le pericolose ideologie di massa del secondo capitolo, la descrizione della signora Bachem(Boell è maestro nel descrivere stati d'animo e pensieri, soprattutto nelle donne).Nell'ultima parte, la "caldaia di pazzia ribollente" della tragedia in Russia e gli uomini di chiesa ed il nazismo.Ottimi i tratteggi psichici di protagonisti e comparse. Un libro da leggere e meditare.
Stilisticamente acerbo, un gran libro contro la guerra. Da leggere e da consigliare a tutti coloro che considerano i conflitti come necessari, inevitabili, indispensabili. Boll e' grande pittore di scenari mentali alienanti, inumani, aberranti, propri di ogni guerra.
Un libro molto buono, doloroso ma necessario. Molto chiaro sulla follia del nazismo, di cui qui leggiamo gli effetti perversi su una famiglia tedesca. Due fratelli, uno che si lascia travolgere dal Potere e l'altro che è costretto al ruolo di fante, in mezzo la figura quasi sovrumana della madre, con la sua fede immensa. Le prime 70-80 pagine sono straordinarie, poi con l'entrata in scena della ragazza l'atmosfera agghiacciante perde qualche colpo, ma rimane per tutto il libro un'aria di disfatta e decandenza, non solo materiale, come una "Cripta dei cappuccini" (anche se qui i fini sono diversi) al cubo. Il voto non è il massimo per le immagini e le similitudini sovraccariche, che alla lunga un po' stancano. Ma è da leggere.
Recensioni
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Di Heinrich Böll (1917-1985), uno dei più grandi narratori tedeschi del Novecento, premio Nobel per la letteratura nel 1972, è appena uscito nella coinvolgente traduzione di Silvia Bortoli un ultimo romanzo, Croce senza amore. Uscito postumo nel 2002, Kreuz ohne Liebe è forse, in realtà, il primo dei romanzi bölliani, composto fra il 1945 e il 1948, in un periodo che come una sorta di zona franca separa la data ufficiale della fine della guerra e quella della riforma monetaria che sancì la divisione del paese: in seguito ad essa per l'appunto si costituirono le due repubbliche che hanno coesistito fino al 1989, l'anno della cosiddetta Wende, la "svolta" nel cui segno il nome dell'una è stato esteso a comprendere anche la realtà dell'altra. Ma se le annotazioni dello scrittore esordiente relative a quest'opera del tutto singolare sono vaghe e discordanti, l'autore di Opinioni di un clown e Foto di gruppo con signora ricorderà invece, in un articolo del 1973, condizioni e occasione di quel lontano lavoro: "Il mio primo romanzo del dopoguerra l'ho scritto nel 1946; non è mai apparso, né più tardi l'ho mai proposto per una pubblicazione. L'ho scritto sollecitato dal bando di un premio letterario (...). Il romanzo era piuttosto ampio, saranno state press'a poco quattro-cinquecento pagine manoscritte, scrissi, mi pare, direttamente in bella (...). Il romanzo mi fu rimandato dalla giuria del premio senza alcun commento, lo misi in un cassetto e lo dimenticai".
Conviene forse, invece, ricordarla, quest'opera prima dal titolo così apparentemente religioso, i cui personaggi si muovono sullo sfondo di più o meno pittoreschi paesaggi: scorci di città e tratti di campagna, avvolti in atmosfere crepuscolari. Non tanto la Bibbia di Lutero quanto gli scenari del Tiepolo o di qualche altro pittore della maniera veneziana sembrano infatti presiedere all'opera del giovane Böll. In diciotto capitoli dalla movimentata dinamica spaziale egli disegna le scene del romanzo concependole quasi come una serie di cartoni per un ciclo di affreschi, che a tratti presentano elementi di sensualità grandiosa se non di puro erotismo. Verrebbe da pensare a Tiziano, per l'esecuzione, per la commistione di elementi che parrebbero rinviare al tema del cosiddetto Amor sacro e profano, se il contesto non fosse quello della guerra e dell'esperienza più devastante del nostro tempo.
Nel descrivere e nel rappresentare, più o meno indirettamente - attraverso gli sguardi, i gesti, le parole - quel contesto, Croce senza amore per certi versi appare quasi un capolavoro di acume psicologico, mentre per altri manifesta una discontinuità così inaudita - in tutti i sensi - da non poter essere tollerato che come una sorta di calderone da cui sarebbero usciti poi, assolutamente irriconoscibili se non del tutto estranei, tipi e motivi del Böll futuro. Non soltanto vi compare uno spaventevole pittore (in qualche maniera forse antesignano, in quanto figura d'artista, del "clown" o della protagonista di Foto di gruppo con signora), ma anche una piccola serie di ritratti, minuziosi per lo scavo psicologico, per il gioco estremo di luci e ombre, oppure appena abbozzati, maschili e femminili, di umanità sofferente, perseguitata dal caos o travolta dal magma infernale della guerra. Vi si conoscono, attraverso le singole vicende tratteggiate, il carcere dell'uniforme in un paese ridotto a caserma, l'oppressione e il delirio seguiti alla chiamata della Wehrmacht durante il conflitto, il culto delle armi come esito della repressione sessuale, il terrore e la colpa, la realtà complessiva di un'epoca - come riconoscerà uno dei personaggi del romanzo - "assoggettata al potere oscuro della politica".
È probabile che con Croce senza amore Böll abbia composto un'opera autobiografica. Certo è che la descrizione dell'angoscia di chi è costretto per anni all'esilio tra "cupi ospedali militari" e "l'orribile, digrignante volto satanico del fronte" è il risultato della personale esperienza dello scrittore. Agli occhi che hanno visto (Böll fu sul fronte orientale e su quello occidentale e fu più volte ferito) si deve la capacità di far quasi toccar con mano il diabolico conglomerato della guerra insieme al proposito di raccontare la condizione di coloro che sceglieranno - come dicono i due amici di questa storia - di "annunciare la realtà".
Si mostrano, scopertamente, l'influsso di Léon Bloy e, nel suo complesso, l'eredità dell'Ottocento positivista, e si rivelano le radici franco-tedesche della narrativa di Böll; spregiudicatamente e prima che in Il treno era in orario e nei racconti di Viandante, se giungi a Spa... vi si manifesta la componente renana dell'autore che del grande fiume conosce bene il lungo e mutevole percorso - compreso fra mito arcaico e romantiche mitologie - con la sua navigabilità e le sue insidie, la sua sporcizia e la sua insondabilità, e dunque soprattutto la piana grigia e nebbiosa della Ruhr, quella zona mineraria, carbonifera e industriale, attraversata la quale si avvia a raggiungere le coste olandesi e il mare.
L. Borghese insegna Letteratura Tedesca all'Università di Firenze
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