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Lei veniva avanti, la figura ancora indistinta nella semioscurità. Veniva avanti come la protagonista di un film, o meglio come la donna dei sogni di un adolescente.
Era vestita di velluto nero? Fatto sta che era più scura di tutto il resto, che spiccava come un’ombra intensa, sontuosa. E la poca luce ancora sospesa nell’aria si concentrava sui suoi capelli biondi e leggeri, sul viso opaco.
«Ho saputo che desidera parlarmi, commissario... Ma la prego, si accomodi...».
Il suo accento era più marcato di quello di Carl. La voce cantava, abbassandosi sull’ultima sillaba delle parole.
E il fratello le stava accanto come uno schiavo al fianco della regina affidata alla sua protezione.
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Simenon sa scrivere e tiene il lettore attaccato alle pagine fino alla fine anche quando la storia non è un granché! Vale comunque la pena di leggere questo Maigret come del resto tutti gli altri.
Inquietante come lo sono i personaggi principali e il titolo, la storia si svolge in una sinistra località isolata e ha inizio da un inspiegabile scambio di vetture – e ovviamente da un cadavere – dipanandosi in ambienti oscuri o male illuminati che concorrono a creare atmosfere minacciose. Finale frenetico.
Come spesso accade nella saga di Maigret, il libro si apre con un giallo apparentemente inspiegabile, visto che pare che qualcuno abbia scambiato le auto di due vicini di casa e su una delle due vi abbia messo il cadavere di un uomo. Il romanzo si svolge in un anonimo incrocio stradale della provincia parigina e questa volta la descrizione degli ambienti e dei personaggi è poco entusiasmante. Fa eccezione Else, la misteriosa e intrigante donna sulla cui psicologia Simenon insiste molto. Più che un giallo, questo libro è un poliziesco perchè a un certo punto iniziano una serie di concitate azioni, sparatorie, inseguimenti, lotte corpo a corpo che sfociano in una specie di tutti contro tutti. Insomma c'è ben poco del tradizione metodo investigativo di Maigret, basato sull'intuito e sull'empatia con i sospettati. Detto di alcune situazioni grottesche (come quando Maigret fa irruzione in una casa e si serve da solo di un paio di bicchieri di vino), la spiegazione del mstero iniziale lascia molto delusi. Pare che Simenon fosse in grado di scrivere fino a 80 pagine al giorno. Probabilmente dopo il capolavoro de Il Cane Giallo, la sua ispirazione ha voluto prendersi una pausa.
Recensioni
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scheda di Bertini, M., L'Indice 1996, n. 9
Prosegue, a cura di Ena Marchi e Giorgio Pinotti, l'edizione adelphiana delle inchieste del commissario Maigret. "Il Crocevia delle Tre Vedove" è un tipico Maigret degli esordi: come "Pietr il Lettone" (Adelphi, 1993) mette in scena il mondo della criminalità organizzata, delle grandi bande di delinquenti internazionali con cui la polizia si scontra in una guerra spietata ma leale, che non esclude tra i contendenti una reciproca stima. Gli elementi di fascino del Crocevia delle Tre Vedove sono soprattutto due: da un lato lo sfondo, e dall'altro la coppia di personaggi da cui prende le mosse l'azione. Lo sfondo è un incrocio a una cinquantina di chilometri da Parigi dove si fronteggiano una villa settecentesca mal tenuta, un'autorimessa con cinque pompe di benzina di un rosso sfavillante e l'anonima villetta moderna di un assicuratore che pare incarnare la piccola borghesia più gretta e convenzionale. I due personaggi che danno l'avvio al racconto sono un'enigmatica coppia di aristocratici danesi - fratello e sorella - dall'eleganza misteriosa e teatrale. Il dramma che li coinvolge, mostrando dietro le apparenze una ben diversa realtà, ha ispirato nel 1932 "La nuit du carrefour", di Jean Renoir, alla cui sceneggiatura collaborò anche Simenon.
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