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Anno edizione: 2000
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recensione di Gorlier, C., L'Indice 1996, n. 6
Dobbiamo concludere che la scoperta di sir Ronald Ross, medico militare britannico in India, premio Nobel1898, che la malaria si trasmette per mezzo della puntura della zanzara anofele, rientri nella categoria scientifica nel caso, quasi a verificare il sintagma di Monod? Le voluminose memorie di Ross lo confermerebbero almeno in parte, se si tiene conto che nessuno scienziato serio e accreditato avrebbe osato, prima di lui, formulare una teoria del genere. Ma "Cromosoma Calcutta", il nuovo romanzo di Amitav Ghosh, scrittore indiano di lingua inglese della nuova generazione e ormai con una solida reputazione internazionale, rimette in gioco l'intera questione. Ghosh - come non ha mancato di spiegarmi - ha coraggiosamente letto le memorie di Ross, ma questo aspetto documentale possiede un'importanza soltanto preliminare per la sua esplorazione: a somiglianza del romanzo precedente, "Lo schiavo del manoscritto", Ghosh compie un lungo viaggio anche geografico tra i documenti e gli archivi, per approdare nell'immaginario; meglio, le due dimensioni si intrecciano e coesistono, quasi simbioticamente.
Sta di fatto che a Calcutta, nel1995, un indiano - chiamiamolo ricercatore, un poco genericamente - di nome Murugan, ha raggiunto l'apice di una sua particolare esplorazione condotta da studioso ma anche, sotto un certo profilo, da detective. L'indagine di Murugan ha preso le mosse negli Stati Uniti, dove egli si è laureato insegnando poi per brevi periodi, e si è incentrata sulla "storia clinica della malaria". Così, Murugan si è imbattuto nella figura di Ross, non soltanto scienziato, ma anche "poeta e romanziere". L'interesse di Murugan, che contiene "una natura ossessiva", rivela pure una natura biografica, giacché egli è di Calcutta, anche se ha abbandonato la città da bambino.Nell'anno cruciale 1995 egli ritorna a Calcutta per cercare di penetrare quello che gli sembra ormai un mistero.In altre parole, egli si convince che "una o più persone avessero sistematicamente intralciato gli esperimenti diRonald Ross per spingere le ricerche sulla malaria in certe direzioni distogliendone da altre".Per venire al nocciolo duro indicato nel titolo del romanzo, "altre" significa precisamente "cromosoma Calcutta".Quello di Murugan a Calcutta è soltanto uno dei percorsi del romanzo diGhosh, anche se fornisce il tracciato fondamentale.Nel corso della ricerca, in fasi successive, a Calcutta, il caso (ci risiamo) fa sì che Murugan incontri una giornalista del giornale "Calcutta", Urmila Roy, e la coinvolga nell'indagine.Ma entra nel gioco anche un'altra donna, Sonali Das, e le due in certo modo lo trascinano alla conferenza di un anziano e celebrato scrittore indiano, di nome Saiyad Murad Husain, noto peraltro con lo pseudonimo Phulboni, sul quale converrà ritornare. Bisogna infatti chiarire che Murugan non è apparso per la prima volta nel romanzo per così dire fisicamente, bensì mediaticamente, per mezzo di un computer operato a New York, con il femminile nome di Ava, da un egiziano, Antar, dipendente dell'International Water-Resources Council. Un primo cerchio si salda così, e Murugan coinvolge Antar nella sua indagine.
A questo punto, nella vicenda, con un balzo indietro nel tempo, si inserisce lo stesso Ross, avvolto nelle spire di ricerche le quali si sviluppano in direzioni impreviste.Le forze misteriose che gli stanno alle spalle si servono di lui proprio in virtù della sua sostanziale mediocrità di studioso, quasi dettandogli, sempre in nome dell'apparente casualità, i passi da compiere.Senonché gli individui con cui egli ha a che fare e che lo porterebbero sulla pista giusta scompaiono, anche in modo violento, e Ross continua a brancolare nel buio, procedendo in termini frammentari e tutt'altro che lineari, sfiorando più volte una verità cui egli non sembra mai pervenire.
Dicevamo di Phulboni. Se la sua conferenza, per i toni accesi e persino profetici, fragorosi, superficialmente indurrebbe a pensare che egli sia ormai un vecchio in parte svaporato o più banalmente un trombone, resta invece il fatto che sta cimentandosi con un tema complesso quanto inquietante, quello del Silenzio e del suo rapporto con la Parola, "per questo silenzio ciò che l'ombra è per il corpo". E il Silenzio propizia un altro tracciato, spaziale e temporale. Si tratta, sempre in India, a Madras, nel1898, delle sedute della singolare figura di una contessa, di nome Pongr cz, grande viaggiatrice, teosofa ma non seguace della famosa Madame Blavatsky, bensì della sua antagonista, M.me Salminen, altra influente spiritualista (vale la pena di rammentare che la teosofia, o meglio la sua moderna ricaduta, rientra oggi tra le fonti privilegiate di un movimento piuttosto alla moda specie negli Stati Uniti, la new age).Durante una delle sedute, un ospite inatteso, misterioso e che forse si cela sotto falsa identità, crolla "prostrato", soffocato da una presenza misteriosa, e si ritrova poi, in un angolo, rannicchiato e nudo. "Il Silenzio", dichiara M.me Salminen "è venuto a reclamarlo". E negli anni quaranta la contessa si trasferisce in Egitto, "alla ricerca del luogo più sacro dell'antico culto di Valentino: il tempio perduto del Silenzio". Come si vede, un'ulteriore saldatura si realizza, con la ricerca angosciata e ispirata diPhulboni, innervando un tema iniziatico che percorre nei secoli la cultura misterica, anche nelle sue implicazioni creative.
Il romanzo si popola di tutta una serie ulteriore di personaggi sui quali non possiamo qui indugiare.Interessa, piuttosto, la conclusione, se tale la si vuole chiamare in quanto essa si proietta oltre il libro.Circolarmente, ha luogo nuovamente per via mediatica, in un ultimo colloquio tra Antar e Murugan. È lo studioso indiano a invitare Antar a porsi in capo il casco di visualizzazione simultanea per raccogliere il suo messaggio.Insistendo, continuando, Antar riuscirà forse a conoscere i risultati della ricerca di Murugan. Che cos'era il "Cromosoma Calcutta"? Una via per la verità, il Silenzio, la formula dell'immortalità, o, saremmo tentati di dire, della permanenza? Non lo sapremo, non importa saperlo, non interessa saperlo.Alla vecchia domanda baconianaQuid est veritas?, primo vagito della moderna epistemologia, non interessa rispondere.Oppure possiamo lecitamente concludere che la verità è il testo, la Parola ombra del Silenzio.
Più compatto di "Lo schiavo del manoscritto", "Cromosoma Calcutta ne" riprende alcuni paradigmi fondamentali.Già si diceva dell'angolatura documentale, ma l'unicità del libro risiede precisamente nella quantità di modulazioni che lo sostanziano.Esiste la dimensione informatica quale strumento di comunicazione e di conoscenza; si incrociano i piani temporali e spaziali; si incastrano scienza e mistero, iniziazione.Le scansioni linguistiche spaziano dal colloquiale americano e quello indiano, alla letterarietà dalla riflessione alla fattualità; altrettanto si incrociano gli ambienti, dalla modesta stanza di Antar a Manhattan ai giardini, ai palazzi fatiscenti, agli acquazzoni improvvisi di Calcutta.Ancora, America, India, Egitto, di per sé e nelle diverse identità dei personaggi, originano un abbagliante mosaico, e la struttura del romanzo acquista ingannevolmente le forme di un thriller costruito su un autentico gioco di solidi specchi.
Ghosh articola tutti questi livelli con vertiginosa maestria, e la traduttrice Anna Nadotti gli tiene mano con ammirevole bravura, dall'inizio alla fine, quando Antar si accinge ad appropriarsi del messaggio, si appoggia allo schienale della sedia e sospira, affacciandosi a ciò che noi non sappiamo, e non desideriamo sapere.
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