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Un romanzo bello , accattivante, ben scritto, leggero ma allo stesso tempo profondo e impegnato (grazie alle ricerche storiche effettuate dall'autrice). George e Tigy, i due protagonisti: lui, un uomo dall'indole irrequieta e con il bisogno, innato, di tradire, che, forse, non vorremmo mai al nostro fianco ma che alla fine riusciamo ad apprezzare e ad "amare" proprio grazie all'amore incondizionato che Tigy prova per lui; Tigy il cui sentimento esce dalle pagine del romanzo e trasuda dalle parole. L'acqua, l'elemento dominante, essenziale per la vita,che accompagna i protagonisti nel loro viaggio ma che è, allo stesso tempo, essenza dei due. George ha bisogno, periodicamente, dell'acqua; Tigy, quando viaggia sull'acqua, si sente "al sicuro" e più vicina al suo uomo. Alla fine, George è l'acqua, elemento vitale per Tigy. Complimenti all'autrice per essere riuscita a fondere realtà, fantasia, storia e sentimenti. Beatrice Colombi
Georges e Tigy: pagina dopo pagina entri nelle loro vite. Con pudore, vorresti consolare, sgridare, ascoltare e, infine, ignorare la debolezza e l'opacità umana per trovare rassicurazione solo nella forza della natura e nella trasparenza dell'acqua. Le scene si palpano, gli stati d'animo si condividono, perchè il testo scorre con una chiarezza e un realismo disarmante. La trama scivola sul pelo dell'acqua come un moderno Ostrogot narrante, sospinta da venti sempiterni della vita che si fa storia e che si fa futuro. Una parentesi nella vita dei Simenon, che non è gravata (più di quanto grave non fosse già) da ciò che sarebbe stato il loro avvenire, una parentesi che assolve peccati, che rinforza mente e spirito, che fa sperare (ahimè invano) in un lieto fine. Emanuela De Domenico
D’amore e d’acqua si presta a più letture, tutte autorizzate da ciò che ne scrive l’ A.: “libro di viaggi e d’avventure, di riflessioni […], di storie […], ma soprattutto d’amore e d’acqua”. D’amore, sì, o piuttosto di un bisogno d’amore che è irrequietezza febbrile che percorre le pagine e fa di Tigy una figura che è difficile non sentire sorella, anche se le sue scelte, in bilico fra la ricerca di affermazione dei suoi desideri e la negazione di sé, non sempre appaiono condivisibili. Del suo disagio, cui l’A. così bene dà voce, erano già comparsi i sintomi nel racconto Amore a Porquerolles nella raccolta Amori DAmare del ‘14; lì troppo facilmente T. è pronta a ritrarsi di fronte agli argomenti di un marito dall’ego così ingombrante. Nel romanzo le sue rimostranze un po’ infantili si affinano in capacità dialettica, anche se trova risposte parziali al bisogno di essere amata. L’A. favorisce rimandi, immagina incontri mai avvenuti ma che sarebbero potuti accadere in ragione di consonanze fra sensibilità diverse. E allora forse, fra pagine di salsedine, avrebbero potuto davvero incontrarsi anche due donne, nate a pochi anni di distanza, due artiste fortemente connotate da un’identità europea: la Tigy di M.G.Catuogno e la Annemarie Schwarzenbach raccontata da M.Mazzucco in Lei così amata. Una sera del maggio ‘33, quando da poco T. è partita per un lungo viaggio, A., anch’essa viaggiatrice, scrittrice, fotografa, si trova nel sud della Francia. Per tutta la sua breve vita vorrà essere amata, ma sarà divorata dalla sua stessa incapacità di amare, così come T. si consuma nella sua smania inappagata d’amore. Due donne ugualmente sole, che forse si sono mancate per poco; avrebbero potuto affacciarsi insieme alla balaustra di una terrazza sul mare e guardare le stelle. Scambiarsi qualcosa per essere meno infelici e meno sole: T. avrebbe potuto far dono ad A. della sua generosità nel dare amore e A. di un po’ della sua caparbia volontà a non rinunciare a se stessa…
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