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Una sviluppata “inventiva” ramificata in molteplici direzioni del quotidiano esistere che, da cima a fondo, coinvolgono il lettore. Ci sono, nella raccolta, sprazzi di tempi lontani che riaffiorano nell’immaginario individuale in virtù di poetiche interpretazioni di genesi. Così, dalla sarabanda di umori, emergono anche inconsueti paesaggi interiori che talvolta inopinatamente affiorano e che l’ovvio pudore di norma provvede a rimuovere: quel pudore dell’uomo comune che si scopre a pensare cose “strambe”, e che il poeta invece, giocando ad un livello superiore, condendo il pudore d’umorismo, riesce a fare lievitare, illuminando gli episodi d’ironia: “In modo regolare / mi frequento / m’apostrofo e mi stuzzico / con tocco rispettoso / mi busso dentro / e aspetto sotto casa / diffidente e guardingo / se nella controversia / voleranno parole / a tutto spiano”. L’ironia rimane vigile anche in presenza di altre “fisime” tipiche di chi cerca di scrutare quale impressione possa, il sé medesimo, suscitare allo sguardo altrui, qualora distrattamente gli vengano posati addosso gli occhi, oppure se all’improvviso ci si ricorda di un andazzo strano del colore della pelle, segnali vari di un imperfetto quotidiano, tematiche che denudano anche fragilità incombenti, temute come avvisaglie di futuri spaesamenti, vie crucis avare di resurrezioni: “A volte hai fatto finta / di guardare i prezzi / davanti a una vetrina / solo per controllare / nel torbido riflesso / i risvolti i capelli / e le toppe del cuore / la sagoma d’insieme / il piglio di giornata”. Ci sono anche bucolici paesaggi che suggeriscono suggestive traslazioni che viaggiano fra presente e passato: “e intanto / il rumore dell’acqua – la nostra cometa – guidava i saltelli nel guado / dei nostri giorni insicuri”. Passato, presente e futuro, dunque, fanno di frequente capolino fra le pagine poiché è “il tempo / chi ci ha buttati dritti e per intero / in questo inestricabile mistero”.
Una sviluppata “inventiva” ramificata in molteplici direzioni del quotidiano esistere che, da cima a fondo, coinvolgono il lettore. Ci sono, nella raccolta, sprazzi di tempi lontani che riaffiorano nell’immaginario individuale in virtù di poetiche interpretazioni di genesi. Così, dalla sarabanda di umori, emergono anche inconsueti paesaggi interiori che talvolta inopinatamente affiorano e che l’ovvio pudore di norma provvede a rimuovere: quel pudore dell’uomo comune che si scopre a pensare cose “strambe”, e che il poeta invece, giocando ad un livello superiore, condendo il pudore d’umorismo, riesce a fare lievitare, illuminando gli episodi d’ironia: “In modo regolare / mi frequento / m’apostrofo e mi stuzzico / con tocco rispettoso / mi busso dentro / e aspetto sotto casa / diffidente e guardingo / se nella controversia / voleranno parole / a tutto spiano”. L’ironia rimane vigile anche in presenza di altre “fisime” tipiche di chi cerca di scrutare quale impressione possa, il sé medesimo, suscitare allo sguardo altrui, qualora distrattamente gli vengano posati addosso gli occhi, oppure se all’improvviso ci si ricorda di un andazzo strano del colore della pelle, segnali vari di un imperfetto quotidiano, tematiche che denudano anche fragilità incombenti, temute come avvisaglie di futuri spaesamenti, vie crucis avare di resurrezioni: “A volte hai fatto finta / di guardare i prezzi / davanti a una vetrina / solo per controllare / nel torbido riflesso / i risvolti i capelli / e le toppe del cuore / la sagoma d’insieme / il piglio di giornata”. Ci sono anche bucolici paesaggi che suggeriscono suggestive traslazioni che viaggiano fra presente e passato: “e intanto / il rumore dell’acqua – la nostra cometa – guidava i saltelli nel guado / dei nostri giorni insicuri”. Passato, presente e futuro, dunque, fanno di frequente capolino fra le pagine poiché è “il tempo / chi ci ha buttati dritti e per intero / in questo inestricabile mistero”.
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