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Da Contado a Provincia. Città e architettura in Molise nell'Ottocento preunitario. Ediz. illustrata - copertina
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Descrizione


Il 27 settembre 1806, mentre il Molise è ancora in parte sconvolto dal forte terremoto che l'aveva colpito il 26 luglio dell'anno precedente, Giuseppe Bonaparte ne decreta la separazione dalla Capitanata e lo costituisce in Provincia autonoma. La ricostruzione, guidata da figure eminenti come Vincenzo Cuoco o Giuseppe Zurlo nel quadro di nuovi e più diretti rapporti con la capitale, impone a committenti, tecnici e maestranze locali di confrontarsi con un'autorevole proposta di discontinuità dalla tradizione. Anche in Molise si avvia così il passaggio - tutt'altro che lineare - dai modi di una produzione ancora tardobarocca, intrinsecamente incline alla conservazione di cadenze locali, a quelli di un nuovo classicismo che si propone come linguaggio artistico universale. Mentre sul piano delle tecniche costruttive, agli arcaici procedimenti della tradizione locale si tenta di contrapporre il "buon costruire" degli antichi insegnato da Milizia. La prossimità cronologica tra il catastrofico sisma e la nascita della Provincia di Molise ha conseguenze di rilievo anche sulla storia urbana dei centri molisani.
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Venditore:

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Dettagli

2007
31 maggio 2007
223 p., ill. , Brossura
9788849211719

Voce della critica

Il 27 settembre 1806 il Molise è ancora sconvolto dal terremoto che l'aveva colpito il 26 luglio dell'anno precedente, e Giuseppe Bonaparte ne decreta la separazione dalla Capitanata, costituendo la provincia autonoma. La ricostruzione, guidata da figure eminenti quali Vincenzo Cuoco, impone all'architettura regionale di segnare una discontinuità dalla tradizione: ovvero il passaggio dai modi di una produzione ancora tardobarocca, intrinsecamente incline alla conservazione di cadenze locali, a quelli di un nuovo classicismo che si propone come linguaggio artistico universale. Le conseguenze del sisma e della nascita della provincia sono di gran rilievo anche per la storia urbana dei centri molisani. Campobasso, ad esempio, deve dotarsi di una serie di sedi istituzionali e di nuove residenze, cosicché l'espansione della città fuori dalle mura medievali è l'unica soluzione possibile. Cuoco si augura che tale sviluppo – quasi una rifondazione – sia pianificato con rigore secondo i modelli della cultura illuministica francese, e che in tale forma sia accettato dai detentori del capitale fondiario, i cosiddetti "demanisti". Non sarà così, e dall'atto del 1814 con il quale Gioacchino Murat decreta la realizzazione della nuova Campobasso, si dovrà attendere il 1856 per il definitivo accordo con i "comunisti" (i sostenitori della necessità di limitare nell'interesse pubblico il diritto di superficie dei proprietari) e per l'istituzione del consiglio edilizio che da allora regolamenterà lo sviluppo della città. Accanto alla storia urbana del capoluogo, il libro esamina anche quella di Isernia, Termoli e Trivento, a loro volta differenti per dimensioni, posizione geografica e vocazione economica. I saggi specifici riescono a comporre un panorama articolato che, almeno per l'avvio del XIX secolo, rende meno sfuggente il profilo culturale di territori storicamente di passaggio.
  Alessio Monciatti

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