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Il libro si salva (in minima parte) perché in appendice vi è la riproduzione di testi ottocenteschi sulla leggenda di san Barnaba. Per il resto, è un testo ignorante, nel senso letterale del termine. L'autore vuole dimostrare che la vicenda del santo non è leggenda ma realtà, e per farlo si basa sulla toponomastica, partendo dall'assunto che ogni luogo (e chiesa) che abbia nel nome "Croce" e "Fede" sia nato a testimonianza del passaggio di Barnaba. Peccato che questo assunto esista solo nella testa dell'autore: il santo portava la fede cristiana e un bastone a forma di croce, dunque è logico che sia così, sembra dire. Poi non importa se il paese siciliano di Santa Croce Camerina tragga origine da una vecchia immagine a sant'Elena (scopritrice della Vera Croce), perché ci è sicuramente passato Barnaba arrivando da Cipro. Da qui, appunto, la (voluta?) totale ignoranza della toponomastica e della storia su cui il libro vorrebbe basarsi: non si menziona il fatto che la pietra conservata a Santa Maria del Paradiso in Milano sia in realtà un reperto celtico, si dà per scontato che cappelle a Barnaba costruite in epoca molto posteriore (moderna) siano state fatte in ricordo del santo, e via dicendo. Insomma, a seguire l'autore nella sua logica, sì, è tutto corretto ("il viaggio di Barnaba non è affatto leggendario: ce lo dice la logica, il cuore, il buon senso e anche la fede", dice), peccato che la storia sia tutt'un altro paio di maniche... Oppure dovrei supporre che la Corte della Croce, nel mio paese (peraltro vicino a Milano), sia nata anch'essa dopo il passaggio del santo e non tragga il nome dalla croce monumentale del XX secolo nella piazza antistante?
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