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Tabacco, Giovanni, Dai re ai signori. Forme di trasmissione del potere nel Medioevo, Bollati Boringhieri , 2000
Tabacco, Giovanni, Le ideologie politiche del Medioevo, Einaudi , 2000
recensioni di Cammarosano, P. L'Indice del 2000, n. 04
Usciti in contemporanea, questi due piccoli libri mostrano, per un verso, l'acuta penetrazione analitica delle fonti diplomatiche e legislative, e, per l'altro, la forza della sintesi di vasto respiro di cui è capace uno fra i maggiori medievisti italiani. La seconda è certo l'abilità di Tabacco più familiare a suoi lettori, grazie soprattutto a una mirabile sintesi della storia politica d'Italia e a un manuale di storia generale del Medioevo che ha goduto di molta fortuna nelle università (rispettivamente: Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano, già nella Storia d'Italia, Einaudi, 1974, poi in volume autonomo, Einaudi, 1979; e il profilo dell'epoca altomedievale nel volume Medioevo, X-XV secolo, primo della serie La civiltà europea nella storia mondiale, il Mulino, 1981).
Ma la fisionomia di Giovanni Tabacco è la stessa nei due tipi di lavoro; egli non è autore che alterni raffinati pasticcini per gli specialisti a ruvide pagnotte per i giovinetti delle scuole, ma un maestro che a tutti propone in discussione i concetti e i criteri di valutazione che hanno ispirato la visione moderna del Medioevo. La raccolta dei saggi degli anni 1969-80, adesso riproposti con il titolo Dai re ai signori, è, nei suoi dettagli di discussione storiografica e di analisi testuale, paradossalmente più chiara nei suoi intenti al lettore anche non professionale. Mentre le Ideologie politiche del Medioevo, cento pagine su un arco che dall'antichità giunge alle soglie del Rinascimento, è tutt'altro che un resumé a uso di un pubblico generico: ha un carattere saggistico e un taglio peculiare e molto soggettivo, ciò che è meno facile da comprendere ma va compreso, pena un cattivo uso e magari anche un senso di scandalo per un testo sulle "ideologie politiche" medievali che neppure nomina Agostino e Gregorio Magno, né Brunetto Latini, né Dante e Marsilio da Padova.
La maggiore perspicuità del libro Dai re ai signori deriva dal carattere esplicitamente polemico, dall'impostazione prevalente di discussione storiografica che anima i quattro saggi qui riuniti. Il più antico - apparso nel 1969 - è anzi un saggio tutto di impostazione storiografica: ripercorre, dalla fine dell'Ottocento agli anni sessanta del Novecento, la visione che storici e storici del diritto ebbero del feudo nella storia medievale d'Italia. Feudo e signoria nell'Italia dei comuni è il titolo del saggio; ma dei due termini istituzionali è il primo quello critico: l'età dei comuni rappresenta il nodo periodizzante nel quale vengono in evidenza le difficoltà concettuali che furono legate all'uso storico della terminologia feudale. L'"età feudale" fu considerata a lungo come un'età intermedia fra l'ordinamento carolingio e l'età comunale, per cui le istituzioni feudali delle quali pure si riscontrava la consistenza nell'età dei comuni finivano con l'apparire un fatto residuale e marginale. Tabacco ripercorre tutto lo svolgimento storiografico imperniato su questa visione, e mostra quanto faticosamente si sia affermata la consapevolezza del parallelismo fra un sistema di poteri sugli uomini che chiamiamo "signorile", imperniato sul possesso fondiario e sulle circoscrizioni di castello e di corte, e l'impalcatura feudale: e soprattutto la consapevolezza della centralità di questa impalcatura feudale non già nei secoli del regnum Italiae di fondazione longobarda e carolingia bensì proprio nell'epoca comunale, fra XI e XIII secolo. Un'analisi paziente, che solo verso la fine si apre su un'esclamazione di insofferenza: "Siamo ormai sazi di un 'mondo feudale' generico e confuso, dove problemi economici, politici, giuridici sono tutt'insieme mescolati".
Anche il primo saggio della raccolta è animato da questa contestazione dell'uso generalizzante di una "concezione feudale del potere", che avrebbe contribuito all'immagine di "fastidiosa uniformità" del Medioevo. Ma qui la ricerca periodizzante si incentra sull'alto Medioevo e sull'età romanica, e conduce all'approfondimento di un concetto che nel saggio del 1969 era soltanto accennato: il carattere di piena proprietà, di "allodialità", conferita con gli strumenti contrattuali del diritto privato, che ebbero le cessioni di prerogative pubbliche dai re alle chiese e agli aristocratici sino dall'età carolingia. Accanto a questa modalità di trasmissione sussistettero, anch'esse sino dall'età carolingia, le forme feudali: ma una generale interpretazione feudale delle attribuzioni di competenze e diritti pubblici si sarebbe delineata non prima del XII secolo, anche con il ritorno alla nozione antica della non commerciabilità di categorie di beni quali le res publicae e la iurisdictio (a questi svolgimenti è dedicata buona parte dei due saggi centrali della raccolta).
Anche la sintesi sulle Ideologie politiche del Medioevo è animata dall'impegno per una descrizione cronologicamente ritmata e serrata, dove l'universalismo politico-religioso medievale rappresenta l'esito di un percorso plurisecolare sul quale fecero convergenza molteplici situazioni di fatto, anche di natura economica e strutturale. Fra di esse assunse nell'alto Medioevo importanza primaria l'"associazione dei vescovi al potere politico": che però non fu fenomeno comune a tutti i regni costituiti in Europa fra VI e VIII secolo ma ebbe i suoi sviluppi clamorosi in quello visigoto di Spagna e soprattutto in quello dei Franchi. La "immediata elaborazione episcopale (...) di un'ideologia monarchica a base rigorosamente confessionale" fu l'antico presupposto della monarchia carolingia e della sua evoluzione imperiale. E al momento di una crisi politica della sovranità carolingia "sorse spontaneo il pensiero che l'unità potesse essere salvaguardata proprio da una riconosciuta supremazia dell'episcopato collegialmente riunito".
È questa spontaneità delle evoluzioni una chiave di volta della costruzione di Tabacco. In essa lo svolgimento delle ideologie è determinato per dinamica interna, dall'evoluzione delle strutture del potere. Ne recepisce così tortuosità di percorso, spezzature e contraddizioni. Come nel passaggio fra X e XI secolo, quando si realizzò il paradosso di un'autorità regia "sostenuta sempre più chiaramente dalla fedeltà dell'episcopato piuttosto che dal funzionamento normale di una gerarchia di ufficiali pubblici": la situazione dalla quale sarebbe poi emersa "la rivoluzione ideologica che contestò la sacralità del potere regio e tentò di ridurlo a strumento del sacerdozio". A questa originale rilettura di un percorso che interessò la vicenda dell'impero occidentale nella sua dialettica con la Chiesa romana, seguono tre capitoli dove si riassumono il contrappunto degli universalismi bizantino e islamico, gli orientamenti nazionali degli Stati europei nel tardo Medioevo, le ideologie espresse negli ambiti politici cittadini sino alle affermazioni signorili e principesche.
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