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Dal tuo terrazzo si vede casa mia
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Dal tuo terrazzo si vede casa mia - Elvis Malaj - copertina
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Dal tuo terrazzo si vede casa mia

Descrizione


Candidato al Premio Strega 2018

«Avevo storie in testa e ho incominciato a scriverle, in italiano, lingua in cui avevo iniziato a leggere» - Elvis Malaj

Fra due case che si vedono l'un l'altra potrebbe esserci una strada. Lastricata e sicura, a volte, ma più spesso tortuosa, o liquida come il mare fra l'Italia e l'Albania. La via fra le sue onde è faticosa come una lingua da imparare, andando e tornando, pensando una cosa e dicendone un'altra. Ma non sono soltanto le parole a mutare, ad assumere nuovi significati in questo relato sono i fatti stessi e le persone che troviamo sul cammino. Sempre a metà del guado, Elvis Malaj ci restituisce qualche tappa di questo percorso: due mondi, due lingue, fra noi e loro, me e te. Declinazioni dell'inadeguatezza - per forza di cose - poiché a camminare in cima al bordo si finisce per barcollare, e non corrispondere ad alcuna definizione. E così una prima volta non sarà mai abbastanza bella, o abbastanza prima, un approccio mai abbastanza azzeccato, una battuta mai capita fino in fondo, e una metafora? O troppo astratta o presa troppo alla lettera. E qualche volta, per evitare il confronto, si chiederà scusa e si scapperà via approfittando di un incidente; oppure si preferirà il silenzio sin da subito e l'incidente lo si andrà a cercare. Si indosserà una maschera per diventare le persone che vogliamo. Perché il confine, sfumando, è tra finzione e realtà. "Dal tuo terrazzo si vede casa mia" è l'invito a venire dall'altra parte, a scendere di casa e passare per quella strada. Un'istanza di condivisione e meticciato, di sguardo altro, di cui sentiamo il richiamo.
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Dettagli

2017
19 ottobre 2017
164 p., Brossura
9788899767150

Valutazioni e recensioni

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Talisie
Recensioni: 4/5

Quello che colpisce in questi brevi racconti è la ventata di freschezza e originalità che spira dal taglio narrativo adottato dal Malaj. Si tratta di vicende brevi, spesso senza neanche il finale canonico che ci aspetteremmo secondo i tratti caratteristici del genere, più spaccati veloci di vite, generalmente difficili, ma senza cupe riflessioni sulla tragedia dell’emigrazione di un popolo devastato dalla crisi economica e una gestione corrotta dello stato. L’autore ci insegna qualcosa, e cioè a vedere con gli occhi di chi arriva in Italia e così noi, solitamente travolti dal complesso di colpa di essere il ricco occidente, abituati a pensare che chi emigra non sappia mai ridere, scherzare, giocare e gustare anche i ritagli belli della vita, scopriamo che sì, anche in questo sono come noi e magari non stanno tutto il tempo a lamentarsi degli italiani razzisti. E vi assicuro, è una bella scoperta.

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Anto
Recensioni: 4/5

Il contenuto della piccola antologia di Malaj potrebbe essere riassunto tutto nel suo titolo, che ne dà l'idea tematica. I suoi racconti, oltre che scritti magistralmente, con uno stile asciutto e diretto (che personalmente - in genere - prediligo), sono permeati da una forte vena ironica che veicola i molti temi trattati, che spaziano dai conflitti interiori a quelli sociali, tutti affrontati in maniera soggettiva, dove tutti i singoli personaggi se ne fanno portatori. La particolarità di questa piccola antologia è l'osmosi creata tra i racconti, che si intrecciano l'uno nell'altro, che seguono più o meno un fil rouge generale, creando una sorta di armonia ironica nei temi trattati, narrando con un'atmosfera lieve del senso di inadeguatezza, di estraneità e dei pregiudizi della società; perché, oltre che le storie di autore, sono anche le storie di due Paesi che si affacciano l'uno sull'altro.

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Michela C.
Recensioni: 2/5

È una serie di racconti più o meno brevi, il cui filo conduttore principale è l'origine albanese dei protagonisti. Mi aspettavo storie che sfatassero falsi miti e sensibilizzassero alla differenza culturale, ma è così solo in minima parte. La prosa è semplice e scorrevole (elemento positivo), costellata da espressioni in lingua albanese non tradotte (aspetto interessante, ma che rende difficile la comprensione del testo) e da personaggi che dimostrano tendenzialmente di avere qualcosa di primitivo e infantile o almeno irrazionale. Non tutti, naturalmente, ma per quanto mi riguarda troppi. Qualche volta a fine racconto mi sono sentita confusa, poche volte soddisfatta da ciò che avevo letto. Una raccolta tutto sommato ben leggibile, ma mi aspettavo molto di più da un libro che accenna a tematiche come il razzismo, l'integrazione e le differenze culturali. L'ho trovato un po' acerbo e superficiale.

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Voce della critica

I vincitori del concorso "Caccia allo Strega 18"


Alessandro - Recensione stregata scelta da Elvis Malaj

Sbruffonerie e timidezze, incomprensioni, malintesi, parole giuste al momento sbagliato, parole sbagliate al momento giusto, silenzi, egoismi e premure, paure adolescenziali e timori giovanili: essere albanese in Italia come metafora delle difficoltà di relazionarsi, di vivere la vita costretti dalle convenzioni e orientati dai luoghi comuni. Una scrittura rapida e decisa che non è ricerca di maniera ma giusto compromesso tra l'immediatezza del detto e la riflessività del pensato. Dal mio terrazzo si vede casa tua è il tentativo di gettare un ponte, con la convinzione che buttare l'involucro dei clichè e degli stereotipi, liberarsi della lente deformante dei pregiudizi, togliere la scopa alla strega, la coda al diavolo, il lenzuolo al fantasma, è l'unico modo per riconoscersi e farsi liberi.


Luca Bertola


Dodici racconti che scandagliano i pregiudizi e gli stereotipi capaci di popolare il mare che separa due Stati, o le strade che dividono le nostre città. Racconti in cui prima ancora del contenuto domina l'utilizzo di un linguaggio ironico e graffiante, attraverso il quale viene veicolato il messaggio di fondo che permea tutti i racconti. Proprio quel linguaggio che rappresenta il primo grande ostacolo tra due popoli, qui diventa un grimaldello per far passere il dubbio che un'integrazione diversa sia possibile. E allora se anche la diversa sfumatura delle parole - tema dominante in questi racconti - assume il suo valore essenziale, forse è lecito pensare che la moderna caccia alle streghe, a ciò che è diverso da noi, possa mutare significato. Proprio partendo dal significato di STREGA che nella nostra lingua indica qualcosa di spaventoso e orribile, ma anche - nella cadenza toscana - lo stoppino che serve ad accendere le candele e i lampioni. Quella luce, diffusa da questi racconti, capace di far cogliere ed apprezzare "il diverso" e ad illuminare quella strada che divide i due lati delle nostre città.


Elisa


Elvis Malaj ci regala 12 racconti brevi. Nel racconto "Vorrei essere albanese" c'è un ragazzo che racconta questa barzelletta "Sapete la differenza tra un albanese e una scimmia? Un paio di pulci". Purtroppo è solo una delle tante. Però questa frase ti colpisce, come ti colpisce un pugno nello stomaco, come ti colpisce un colpo della strega, un batticuore, senza preavviso. Questi racconti hanno lo stesso effetto. Sono ironici, ti strappano un sorriso, hanno personaggi ben caratterizzati, ma lasciano un retrogusto amaro, di realtà cruda. Parlano di vicende di razzismo, di bravi ragazzi e di cattivi ragazzi, ma soprattutto parlano di vicende all'ordine del giorno, di povertà e di bei esempi di integrazione. Dal tuo terrazzo si vede casa mia, è un libro che si legge volentieri, che scorre via velocemente e dolcemente, così come il racconto finale, più lungo dei precedenti, che parla di poesia, di bellezza, di due persone con pregiudizi immotivati che si trovano quasi per caso a comprendersi. Perchè sarà la bellezza a salvare il mondo, e la bellezza può esprimersi anche in persone con nazionalità diverse che imparano a convivere e ad amarsi, accettando le rispettive tradizioni e modi di vivere.


Benedetta

Malaj racconta le difficoltà, i sogni e le speranze di uomini e donne che hanno lasciato il proprio paese d’origine e che cercano di rifarsi una vita in una terra straniera. La scrittura è semplice e diretta, lo stile ironico e pungente. E fa male. Fa male perché il realismo dirompente ci costringe a fare i conti con la strega che è in noi, con le nostre paure, frustrazioni e pregiudizi; perché ogni giorno vediamo realtà simili ed i lunghi monologhi interiori dei personaggi i cui pensieri si aggrovigliano nel tentativo di risolvere i problemi quotidiani, danno una sensazione di disagio. L’ironia usata da Malaj strappa un sorriso, ma il retrogusto amaro rimane. “Dal tuo terrazzo si vede casa mia” è un invito a scendere di casa, a gettare un ponte e andare dall'altra parte. Perché due culture che si incontrano sono un’opportunità per capire gli altri ed arricchirsi, e così si impara a non aver paura della diversità e a vederla come un valore, non come un problema. Mi piace pensare che sia questo il messaggio di fondo, ma che ci sia ancora tanto da fare.


Elisa

Malaj affronta il tema dell'immigrazione attraverso un umorismo ed una semplicità spiazzanti. I vari racconti all'interno del libro ci mostrano come pregiudizi e discriminazioni siano sempre in agguato come la Strega cattiva delle fiabe più celebri. Si può cogliere l'intenzione dello scrittore di indurre il lettore a mettersi "dall'altra parte" nella speranza di creare una cultura dell'accoglienza e comprendere la ricchezza della diversità.


La motivazione di Luca Formenton per la candidatura al Premio Strega


«Ho salutato con interesse la scelta di Racconti edizioni, una piccola casa editrice romana, di puntare su uno scrittore esordiente a cavallo tra due identità, quella albanese e quella italiana, come loro primo autore compiutamente italiano. Trovo salutare che in un paese in cui la legge sullo ius soli è rimasta impantanata nelle secche delle camere, i nuovi scrittori italiani non facciano più di cognome solo Rossi o Bianchi, ma Malaj, Scego, Brahimi, Vorpsi, Lakhous; che a vincere il festival di Sanremo sia Ermal Meta e i ragazzi ascoltino rapper che di nome fanno Ghali; che nascano case editrici fatte da italiani di seconda generazione come le edizioni SUI e che autori di altre lingue come Jhumpa Lahiri e Tahar Ben Jelloun si misurino con la nostra. Quella di Elvis Malaj è una voce narrativa autenticamente nuova in epoca di autonarrazioni compiaciute e lingue esibizioniste, e proprio nel riaffermare la centralità delle storie la sua prosa mette in scena una letteratura di guado, un invito ad affacciarsi dal terrazzo e a guardare i nostri dirimpettai, come facevano gli albanesi dal tubo catodico sognando un Occidente sgargiante che nei fatti non si è rivelato tale. Nei racconti di Malaj – perché di racconti si tratta e questo mi pare un altro motivo di interesse – si misura tutta la distanza tra il sogno e la realtà, e si mostra cosa voglia dire essere outsider, in Italia come in Albania.»

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