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I volumi dedicati a studiosi illustri, che abbandonano l'insegnamento, percorrono talora, nei saggi che li compongono, un tragitto non unitario, ma accademico-memorialistico e minuziosamente erudito. Non è fortunatamente il caso di questo volume, ricco da una parte di molte voci, che si esprimono in più lingue, e dotato, dall'altra parte, pur trattando un secolo (il XVIII) con innumerevoli volti, di una fisionomia eccezionalmente compatta. Questo volume, insomma, è un vero libro. Non mancano la religione (questione ebraica compresa), la letteratura (alimentata da salotti e intrattenimenti vari), l'identità italiana come premessa di una ancora malcerta questione nazionale, i libri (con l'editoria) e la lettura, i circoli dei colti, gli epistolari, le relazioni internazionali, la nascita degli studi storici moderni, il diritto, i linguaggi, l'autonomizzarsi della questione femminile, la scienza e la tecnica, la medicina, l'economia e il commercio, l'abbacinante apparizione dell'America indipendente, la Russia arcaica e dall'altra parte del continente l'Inghilterra protoindustriale, i miti politici (primo tra tutti quello di Napoleone) e infine, in un breve ed eccellente saggio di Michel Vovelle, la Rivoluzione francese, apogeo delle rivoluzioni atlantiche. Manca forse qualche pagina sulla tratta degli schiavi, giunta al culmine e, del pari, all'inizio del declino. Resta però inevitabilmente integro il problema irrisolto, e forse insolubile, dell'insuperabile opera di Franco Venturi, maestro di quasi tutti se non di tutti gli autori del libro. Perché, dopo un secolo di slanci, anche culturali, verso le riforme, è stata necessaria da Boston a Parigi e a Napoli la rivoluzione?
Bruno Bongiovanni
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